Padre Sosa: con il discernimento capiamo cosa ci chiede il Signore

Al via a Roma nell’Aula Magna della Curia generalizia della Compagnia di Gesù, al corso di leadership e discernimento promosso dalla Curia Generalizia dei Gesuiti, in collaborazione tra gli altri, con l’Unione internazionale dei superiori generali degli ordini femminili. Tra gli interventi, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, con un discorso sul tema “Promuovere una cultura di sinodalità nella Chiesa”

Marina Tomarro - Città del Vaticano

Un corso per capire in che modo gestire la leadership attraverso il modello del discernimento gesuita, attualizzato con alcune pratiche contemporanee sulla buona gestione. Questo l’obiettivo del corso “Leadership e discernimento”.  L’iniziativa, che si concluderà venerdì 25 settembre, vede la partecipazione di officiali vaticani, superiori di ordini religiosi, e laici che rivestono ruoli di responsabilità nella Chiesa.

Una leadership basata sulla fede e il discernimento

“Il punto chiave di questa esperienza - spiega padre Arturo Sosa preposito generale della Compagnia di Gesù - è come fare in modo che la leadership aiuti il discernimento della comunità cristiana ponendosi al servizio del mondo. Facendo nostri gli sviluppi che hanno avuto gli altri corsi di leadership, noi siamo sostenuti dalla fede che è convinta che il Signore, tramite il suo Spirito, lavora in ogni persona, in ogni comunità e in ogni popolo. E allora occorre arrivare ad essere in sintonia con questo Spirito che lavora in noi”.

Ascolta l'intervista a padre Arturo Sosa

In che modo si può oggi recuperare quella che era la vitalità e la creatività di quelli che sono stati gli apostoli di Cristo?

R. - I primi Apostoli erano persone fragili, persone comuni, appartententi al popolo giudeo. La loro creatività, il loro modo di andare avanti è dipeso dal loro fidarsi completamente del Signore e così hanno fatto veramente l'esperienza della morte e della Resurrezione di Cristo, e del ricevere lo Spirito Santo. Fidarsi completamente di Dio, è l'unico modo in cui sia la Chiesa, che ogni cristiano, possono recuperare la propria creatività.

In che modo oggi il messaggio cristiano può aiutare anche chi ha un ruolo di leader nel mondo?

R. - La fede non è un privilegio di un gruppo, la fede è aperta a ogni persona, cristiana e non cristiana. Allora partiamo dalla fede che è condivisa: siamo tutti battezzati e questa è la prima forma di condivisione, la nostra consacrazione. Su questa fede si basa un tipo di leadership che può veramente aiutare tutti, non solo alcuni. Il senso della Chiesa e della vita cristiana è infatti nella missione del Signore: la nostra fede ci porta a fidarci del Signore e a collaborare con la sua missione che è la redenzione dell'umanità. Allora, questo tipo di leadership cerca di discernere dove ci porta lo Spirito, dove lo Spirito porta il mondo, dove possiamo servire il Regno di Dio, e come il Vangelo può essere vissuto nel mondo di oggi che ci sembra a volte un vero disastro.

Papa Francesco ci invita a metterci a servizio dei fratelli più deboli, parlandoci di una economia al servizio dell'uomo e non il contrario. In che modo mettere in pratica le sue parole?

R. - In questa esperienza cercheremo di fare proprio questo. Cioè, capire i criteri per mettersi veramente al servizio delle persone cominciando dai più poveri, dagli emarginati, gli scartati, come dice Papa Francesco, e cambiare la visuale, il modo di guardare il mondo, di pensare al profitto e al successo, partendo dal punto di vista del Vangelo, da ciò che Gesù ci ha insegnato.  

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22 settembre 2020, 13:45