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Colombia: aumentano gli sfollati interni Colombia: aumentano gli sfollati interni 

Colombia: una rete cattolica globale per gli sfollati interni

In Colombia si contano 5,5 milioni di sfollati interni negli ultimi 50 anni. Altre otto milioni di persone sono a rischio. In occasione della Giornata mondiale del rifugiato e del migrante, monsignor Héctor Fabio Henao Gaviria, direttore della Pastorale sociale colombiana, parla della situazione nel Paese

Giordano Contu - Città del Vaticano

La Colombia è il secondo Paese al mondo, dopo la Siria, per numero di sfollati interni. A loro lo scorso maggio Papa Francesco ha dedicato il messaggio per la Giornata mondiale del rifugiato e del migrante che si celebra il 27 settembre. Negli ultimi 50 anni nello Stato latinoamericano 5,5 milioni di persone hanno dovuto abbandonare la propria casa a causa di conflitti e violenze. Con gli accordi del 2016 tra governo e Forze armate rivoluzionare colombiane (Farc) la situazione è migliorata, ma gli scontri con vari gruppi armati continuano. La Chiesa locale è impegnata a promuovere il dialogo. “Occorre portare fiducia e sollievo alle popolazioni che vivono in mezzo alla violenza, sotto il controllo di uomini armati, senza libertà”, dichiara monsignor Héctor Fabio Henao Gaviria, direttore del Segretariato nazionale per la Pastorale sociale colombiana. “Ci sono tante vittime e vedove. Sono comunità povere, che hanno sofferto a lungo e che vedono in prima linea i propri figli, rapiti e trasformati in bambini soldato”.

Ascolta l'intervista a monsignor Henao Gaviria

2020, un anno da dimenticare

All'inizio dell'anno nei territori lungo il confine con l'Ecuador e il Venezuela si sono verificati vari scontri. Tre gli attori principali: alcuni dissidenti delle ex Farc che hanno ripreso le armi, i guerriglieri dell'Esercito di liberazione nazionale (Eln), i narcotrafficanti. Si sono imposti questi ultimi, assicurandosi il controllo delle strade attraverso cui la droga arriva fino all'Oceano Pacifico per essere imbarcata. A causa delle violenze oggi otto milioni di persone rischiano di essere sfollate. Sono persone che, in genere, emigrano in città e vivono in uno stato di povertà estrema. Per la maggior parte sono ex contadini costretti con la rispettive famiglie ad abbandonare la propria casa e i campi coltivati. Altri resistono, ma son costretti a vivere confinati nelle proprie comunità a causa della pressione e degli scontri tra gruppi armati e con l'esercito.“La situazione non è drammatica come lo era 15 anni fa, ma oggi si fa di giorno in giorno più complessa. C'è un problema di restituzione dei diritti”, afferma il prelato, nominato di recente coordinatore della Commissione per gli affari territoriali presso il Consiglio nazionale per la pace.

Le iniziative della Chiesa locale

La Chiesa locale promuove la pace a vari livelli. “Per prima cosa la protezione delle comunità e dei loro leader locali che sono in prima linea con azioni che comportano un alto rischio”, racconta monsignor Henao. Come l'estirpazione delle piante di coca o la protezione del patrimonio idrico. Ciò ha fatto salire il numero degli omicidi: 400 i leader sociali e politici uccisi tra il 2016 e il 2019, mentre sono 230 i civili ammazzati nel 2020. “Una seconda cosa è promuovere lo sviluppo locale per creare opportunità”, prosegue. Come la creazione di un'azienda agricola e di acquacoltura che a Caquetá da la possibilità a 90 ex guerriglieri Farc di rifarsi una vita lontano dalle armi e dalle violenze. “Un terzo gruppo di interventi – prosegue – è dedicato alla protezione dei diritti umani. E' rivolto agli sfollati interni e ai migranti, in particolare quelli provenienti dal Venezuela” tra i quali oltre 214 mila sono stati aiutati dalla Chiesa locale e dalle Caritas. A questi sfollati è offerta una “risposta integrale concreta”: alimenti, sussidi, acqua potabile, ma anche evangelizzazione, istruzione e informazione. Iniziative finanziate dal Dicastero per lo sviluppo umano integrale e della Sezione migranti e rifugiati. I progetti più complessi riguardano l'implementazione dell'accordo stipulato nel 2016 fra governo e Farc, e inoltre la pacificazione delle comunità locali. A tal fine c'è un programma di reinserimento sociale per gli ex combattenti che hanno accettato di deporre le armi. “La Chiesa ha sempre detto che attraverso il dialogo occorre trovare una soluzione politica”, rimarca monsignor Henao. Ciò avviene con il sostegno delle Nazioni Unite e attraverso una rete cattolica globale che comprende il Colombia Working Group di Caritas Internationalis, il Catholic relief services (Crs), Adveniat, Misereor, Papa Foundation.

La speranza che arde per i migranti

“Oggi la grande sfida per la Comunità internazionale e per la Colombia è la protezione delle comunità, ma soprattutto dei leader sociali e degli ex combattenti che ora si occupano del processo di pace”, prosegue. Questa è una crisi umanitaria composita. Il fenomeno degli sfollati, infatti, ha una doppia dimensione: interna ed esterna. In quest'ultima rientrano i due milioni di venezuelani fuggiti in Colombia a causa di tensioni politiche e sociali. Senza dimenticare che il Paese è attraversato da flussi migratori provenienti da America Latina, Asia e Africa con destinazione Stati Uniti. Adesso, conclude il prelato, “la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato ci ricorda che siamo una grande famiglia”. Con la pandemia “è come aver chiuso un capitolo dell'umanità per aprirne un altro: ora dobbiamo aprirci all’altro, perché dipendiamo gli uni dagli altri e sappiamo di essere membri di un unico popolo".

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28 settembre 2020, 11:59