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Liberare Maria, ostaggio delle mafie

La figura della Vergine, distorta e piegata agli interessi di morte e sopraffazione delle cosche, viene utilizzata nei riti d’iniziazione e nei giuramenti per compiere stragi ed omicidi. Fabio Iadeluca, sociologo, criminologo e membro del neo-dipartimento di studio sui fenomeni mafiosi istituito dalla Pami, la Pontificia Accademia Mariana Internationalis: “La finta religiosità dei boss serve per soggiogare la gente”

Federico Piana- Città del Vaticano

Maria è da decenni ostaggio delle mafie e della criminalità organizzata che sistematicamente ne ribaltano e strumentalizzano la figura, utilizzata per propagandare una cultura di morte, di sopraffazione e di schiavitù dei più deboli. La Madre di Dio viene chiamata in causa durante i riti di affiliazione alle cosche o invocata nei giuramenti per la commissione di terribili fatti criminosi, come gli omicidi o le stragi. Per contrastare questa pericolosa deriva e restituire alla Madonna una figura di verità – fatta di amore, di carità, di solidarietà, caratteristiche opposte a quelle delle mafie- la Pontificia Accademia Mariana Internationalis ha creato ‘Liberare Maria dalle mafie e dal potere criminale’, un Dipartimento di analisi e di monitoraggio dei fenomeni criminali e mafiosi. Tra gli esperti chiamati a far parte del gruppo di studio, c’è anche Fabio Iadeluca, sociologo e criminologo che da oltre 25 anni affianca i magistrati impegnati nella lotta al crimine organizzato:

Ascolta l'intervista a Fabio Iadeluca

Dottor Iadeluca, da molte intercettazioni ambientali, inserite negli atti di processi di mafia, emerge con chiarezza che la figura di Maria è centrale nei riti di iniziazione dei nuovi adepti. Perché?

R.- Per le mafie è importante l’arruolamento di nuovi adepti. E i riti di iniziazione sono fondamentali per l’appartenenza al gruppo criminale. Il rito d’iniziazione è considerato come una liturgia che accompagna l’ingresso del neofita nell’organizzazione. Si può considerare come un battesimo, una sorta di rinascita ad una nuova vita. Molto spesso i video che documentano la cattura dei latitanti, mostrano, nel loro covo, delle immaginette della Vergine Maria e dei santi. Ma dobbiamo dirlo ad alta voce: Maria è amore, fraternità, solidarietà, non come viene presentata da questi criminali.

Sono stati ritrovati anche dei manuali di affiliazione?

R.- Sì, manuali nei quali si fa riferimento a Maria ma anche all’Arcangelo Gabriele e al santo patrono del luogo di origine della cosca.

Perché le mafie sono gelose di questi riti legati alla spiritualità?

R.- Rispondo con un esempio. La potenza della Ndrangheta è così grande perché è rimasta ancorata a riti ancestrali. Certamente, si è evoluta dal punto di vista degli illeciti ma non ha voltato le spalle alla sua tradizione: questo è il suo segreto. Per un mafioso, è importante dimostrare di avere ‘fede’, di credere. Anche i fratelli Graviano- boss del quartiere Brancaccio di Palermo dove è stato assassinato padre Pino Puglisi- si facevano il segno della croce, partecipavano alle feste patronali. Ovviamente, è una fede distorta, utilizzata per abusare della religiosità della gente. Ma la Chiesa è una cosa e la mafia un’altra.

Possiamo dire che è una forma di violenza esercitata in un certo senso sulla fede'?

R.- Certamente. Per capirlo, basta far riferimento alle feste patronali, dove molto spesso, durante le processioni, l’inchino viene fatto sotto l’abitazione del boss. I mafiosi vogliono mostrarsi agli occhi degli altri come persone integerrime. Ricorrere ai riti, dunque, significa attribuire un senso profondo all’organizzazione.

Come si combatte tutto questo?

R.- Si combatte con la cultura, la gente deve sapere. Padre Puglisi e don Peppe Diana l’avevano compreso: ecco perché sono stati assassinati.

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28 agosto 2020, 07:50