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l'ingresso dei militari a Bamako l'ingresso dei militari a Bamako  

Golpe in Mali, Vescovi: fallimento democrazia, serve dialogo

La voce della Chiesa non smette di farsi sentire in Mali dove i militari hanno capovolto le istituzioni, arrestato la leadership, per guidare il paese del presidente Keita verso una transizione. C'è la grande preoccupazione dei presuli e l'attività missionaria dei religiosi presenti da tanti anni in Mali. Intanto gli Stati limitrofi cercano di arrivare ad una soluzione pacifica e i militari golpisti danno vita al Comitato per la salvezza del popolo

Gabriella Ceraso e Isabella Piro -  Città del Vaticano 

Un atto “deplorevole” che rappresenta “un grande fallimento per la democrazia”: così il presidente della Conferenza episcopale del Mali (Cem),monsignor Jonas Dembélé, definisce il colpo di Stato avvenuto nel Paese il 18 agosto. Il golpe è stato guidato dal colonnello dell'Esercito Assimi Goita, che ha costretto alle dimissioni il presidente Boubakar Keita, sciogliendo Parlamento e Governo. I golpisti hanno promesso una transizione civile in un tempo ragionevole, attraverso elezioni libere, ma anche la comunità internazionale boccia la scelta militare e chiede il ripristino delle istituzioni democratiche.

Di fronte a tutto ciò, la Chiesa cattolica maliana lancia un forte appello al dialogo: “È vero che il nostro Paese si trova ad affrontare gravi sfide, tra cui il malgoverno, la cattiva gestione dell'economia, la corruzione, l'insicurezza – sottolinea monsignor Dembélé, citato dal sito web della Recowa-Cerao (Conferenza episcopale regionale dell'Africa occidentale) – ma perché noi maliani non siamo stati in grado di avviare un dialogo per poter discutere di questi problemi e affrontare queste sfide in modo responsabile?”. Per questo, è necessario “un cambio di mentalità” per far “andare avanti il Paese”: basti, quindi, con “la mancanza di trasparenza e l’odio per chi dice la verità e sostiene una buona governance”, è la sottolineatura del presule, perché “finché non cambieremo il nostro atteggiamento, si ripeteranno sempre situazioni simili a quella attuale”.

Ai militari: garantire la democrazia

Rivolgendosi, poi, ai leader militari, il presule li invita a “garantire il ritorno alla democrazia, come promesso, ma soprattutto a far sì che la nuova leadership del Paese metta il popolo al primo posto, affrontando le necessarie sfide per la sicurezza nazionale”. "In uno Stato di diritto – aggiunge - il potere non è nelle mani di alcuni individui, ma in quelle del popolo. La rabbia della popolazione ha portato a questa crisi, ma ora dobbiamo lavorare per la pace e la riconciliazione nel Paese". Quanto alla Chiesa, il presidente dei vescovi ribadisce: “Il nostro ruolo è quello di predicare la pace ed il dialogo. Continueremo quindi su questa strada, già avviata in passato”. “Come vescovi – ricorda infatti – abbiamo sempre lanciato messaggi prima di ogni elezione nazionale, invitando il governo a organizzare votazioni trasparenti per garantire un buon governo e una buona gestione delle risorse”. Purtroppo, tali appelli “non sono mai stati presi in considerazione”, sottolinea il presule, “tanto che oggi ci troviamo in questa situazione”; tuttavia, “siamo pronti” a lavorare in favore “della stabilità e della pace”.

Alla popolazione: cercate il dialogo

Al contempo, il presidente della Cem esorta la popolazione a “cercare la via della conversione e del dialogo, in spirito di verità e di onestà”. “Tutti vogliamo un cambiamento – spiega – ma spetta a noi maliani, a prescindere dal fatto se siamo cristiani, musulmani o esponenti di religiosi tradizionali, esaminare la nostra coscienza e accettare una conversione personale e comunitaria che ci permetta di impegnarci in un dialogo sincero” che “promuova la giustizia e la riconciliazione”. “Il processo di dialogo – ribadisce Monsignor Dembélé – può avere successo solo se permettiamo a Dio di entrare nella nostra vita, di toccare i nostri cuori per realizzare i cambiamenti di cui il Mali ha davvero bisogno”. Infine, il presule esorta a pregare per la pace: “Non dobbiamo dimenticare – conclude – che la preghiera è un’arma efficace per il perdono e la riconciliazione”.

L'attività della Chiesa e dei missionari continua seppur silenziosa. Lo ha raccontato a Ginacrlo Lavella, suor Myriam Bovino, piemontese, da 20 anni in Mali. Ci parla da Kati, periferia di Bamako, dove la gente è povera e stenta a sopravvivere, ma si va avanti insieme con coraggio e con la preghiera:

Ascolta le parole di suor Myriam

Nasce il Comitato nazionale per la salvezza del popolo

Intanto nel Paese proseguono i tentativi per riportare la situazione alla normalità. La Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale (CEDEAO-ECOWAS) al termine del vertice straordinario di giovedì in cui ha stabilito sanzioni economiche per il Mali, ha deciso di inviare una delegazione oggi a Bamako, guidata dall'ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan, per "aiutare a trovare soluzioni". Un gesto di apertura da parte della giunta al potere in Mali preceduta  dal permesso concesso all'Onu di visitare il presidente Ibrahim Boubacar Keita e dal rilascio di due detenuti, tra cui l'ex ministro dell'Economia. La missione della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale sarà accompagnata dal presidente della Commissione CEDEAO Kassi Jean-Claude Brou e dal ministro degli Esteri nigeriano Geoffrey Onyeama.

Ieri la nascita del Comitato nazionale per la salvezza del popolo che porterà il Paese, secondo i militari ad una transizione inclusiva: Assimi Goïta colonnello di 37 anni ne è il presidente, con lui, Malick Diaw e Ismaël Wagué, portavoce che ieri ha salutato e ringraziato per il sostegno il popolo riunitosi in piazza a Bamako. Questa è la nostra vittoria, la trasizione sarà breve, dice la sigla ormai composita dell’opposizione cui si sono associati i militari. 

Intanto Washington ha sospeso gli aiuti militari al Paese e la comunità internazionale è tornata a chiedere la liberazione dei leader arrestati. 

 

Ultimo aggiornamento 22 08 2020 ore 07.50

 

 

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21 agosto 2020, 15:54