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Karol Wojtyla Karol Wojtyla 

I giorni di Danzica e la profezia di Wojtyla: non c'è libertà senza solidarietà

Il ruolo di Giovanni Paolo II prima e dopo la sua elezione durante la stagione delle lotte operaie, che 40 anni fa dalla Polonia irradiarono il vento del cambiamento in tutto l’est europeo. Il ricordo del vescovo ausiliare di Danzica, monsignor Zieliński: “La forza della fede ebbe un ruolo enorme”

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Le serrate ai cantieri navali, le richieste – inaudite – degli operai al governo socialista, le tute blu in ginocchio nelle affollatissime Messe per la Patria.

Quello che la Polonia, e il mondo, vedranno a partire dall’incendio del 14 agosto 1980, con l’inizio degli scioperi a Danzica, ha una scintilla nell’azione del giovane arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, che prende in un certo senso per mano il sentimento dei connazionali – in particolare l’intreccio tra la fede che il regime vorrebbe imbavagliata e le istanze lavorative che premono per un riconoscimento di migliori diritti – e se ne fa interprete. Simbolo di quella fase sarà la Croce di Nowa Huta, sotto la quale il futuro Papa affermerà più volte la vicinanza della Chiesa al mondo del lavoro e al suo bisogno – che era quello di una nazione – di voltare pagina. Una fase, che porterà alla nascita del sindacato di Solidarność, ricordata per Vatican News dal vescovo ausiliare di Danzica, Zbigniew Zieliński:

Ascolta l'intervista con mons. Zbigniew Zieliński:

R. – Sono gli anni in cui la Chiesa in Polonia era guidata dal primate Józef Glemp (il suo predecessore, il cardinale Stefan Wyszyński, che aveva assistito alla nascita di Solidarnosc si spegne nel maggio del 1981 - ndr). La situazione in Polonia era molto difficile, ma era anche legata a una grande speranza, che si rivelò nel momento dello slancio degli operai che avrebbe portato alla nascita di “Solidarność”. Il Primate e la Chiesa in Polonia ritennero che le autorità comuniste non sarebbero state d'accordo così facilmente con le proposte del movimento “Solidarność” che stava nascendo. Per questo la Chiesa in Polonia si pose l'obiettivo di attuare con delicatezza queste proposte ed evitare il confronto. La storia dei Paesi vicini aveva dimostrato che bisognava tenerne conto. Il primate Glemp e il cardinale Macharski fecero molti passi per assicurare che questi postulati portassero a cambiamenti sociali senza spargimento di sangue. Purtroppo, questi timori del primate Glemp si avverarono e subito dopo fu introdotta la legge marziale. E così l'accompagnamento della Chiesa alla gente in questo entusiasmo per la nascita del movimento operaio si trasformò in accompagnamento al movimento degli oppressi. Allo stesso tempo, l'entusiasmo nella Chiesa continuava a essere espresso nelle Messe per la Patria, celebrate da P. Jerzy Popiełuszko a Varsavia o nella Basilica di Santa Brigida a Danzica –erano Messe che sollevavano lo spirito. Mi ricordo quando io e mio padre andavamo alle Messe per la Patria nella basilica di Danzica, fu un'esperienza indimenticabile. La forza della fede ebbe un ruolo enorme, che alla fine fece sì che la legge marziale non soffocasse ciò che aveva nato 40 anni fa con il movimento “Solidarność”.

 

La storia conosce bene l’importanza del ruolo di Karol Wojtyla in quella fase, prima come arcivescovo di Cracovia e poi nelle vesti di Pontefice. Che eredità ha lasciato alla Chiesa e alla Polonia di oggi?

R. – Quando nacque il movimento “Solidarność”, Karol Wojtyła era già Papa. Ma parlando della fase precedente, si possono ricordare le azioni che egli intraprese come cardinale di Cracovia - tutta la storia di Nowa Huta e la preoccupazione di garantire la libertà di religione, ma anche la lotta per i diritti degli operai. Ciò ebbe riflessi nell'omelia del 1987 a Danzica per il mondo del lavoro: “Non c'è libertà senza solidarietà”.  Il Papa aveva il polso della situazione e più tardi, nella sua omelia del 1999 a Sopot, riferendosi al 1987 affermò dopo 12 anni: non c'è solidarietà senza amore. Notò che la Polonia, che aveva vissuto la trasformazione del 1989, avvenuta grazie al movimento “Solidarność”, ora sembrava aver dimenticato questo attributo che va di pari passo con la solidarietà, cioè l'amore reciproco. Fu quella un'ottima diagnosi dello stato d'animo, ma anche dei bisogni spirituali e puramente umani, della società polacca. Il Papa accompagnò questi cambiamenti anche in Polonia con grande forza, sottolineando le fondamenta profonde del movimento “Solidarność”, affinché ciò che era nato 40 anni fa non andasse sprecato e fosse permanente.

La bandiera che accompagnò il movimento operaio di quel periodo inneggiava alla “solidarietà”. Una parola molto cara a Papa Francesco, ribadita anche nel dicembre scorso durante l’udienza ai vertici di Solidarnosc….

R. – Papa Francesco si riferisce in modo brillante all'eredità dei suoi predecessori, compresa quella di Giovanni Paolo II. Ce lo ha fatto sapere durante un incontro con gli attivisti di “Solidarność” quando hanno visitato Papa Francesco lo scorso dicembre. Il papa ha sottolineato il valore del movimento “Solidarność”, che era promotore di cambiamenti politici e sociali. E ha aggiunto un'altra importante caratteristica di “Solidarność” che non solo diede inizio ai cambiamenti in Polonia, ma ebbe anche un significato ispiratore al di fuori della Polonia. Di conseguenza, la caduta del Muro di Berlino diventò possibile. Ciò che nacque era possibile - come ha sottolineato il Papa - perché le persone si mobilitarono per il bene comune. E l'azione per il bene comune è sempre accompagnata dalla presenza di Dio. In questo modo, egli ha sottolineato che non si trattava di uno sforzo puramente umano, ma che queste azioni erano accompagnate da una speciale benedizione di Dio.

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14 agosto 2020, 10:35