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Hotel Venezia, Ucraina Hotel Venezia, Ucraina 

Shevchuk: fermare il doppio crimine dell'utero in affitto

L'arcivescovo di Kiev e capo della Chiesa greco-cattolica, insieme alla Conferenza dei vescovi latini, lancia un appello contro la maternità surrogata e chiede l'immediata abolizione di questa piaga diffusa in Ucraina. Il caso: un video mostra 46 bambini abbandonati in un hotel della capitale in attesa dei genitori committenti

Gabriella Ceraso e Cecilia Seppia - Città del Vaticano

“La pandemia del coronavirus ha portato alla luce molte patologie nella vita della società contemporanea. Una di queste è la maternità surrogata, vale a dire trattare persone come merci che possono essere ordinate, prodotte e vendute”. Si tratta di un "calpestamento della dignità umana". Così, nell'appello comune, i vescovi latini e greco cattolici dell'Ucraina riferendosi a quanto sta accadendo nell'Hotel Venezia di Kiev dove 46 bambini, frutto di maternità surrogata, sono stati abbandonati in attesa di destinazione. Il blocco degli spostamenti internazionali a causa della pandemia ha infatti impedito alle coppie "committenti", di andare a prendere i bambini, sottratti alle madri naturali dopo il parto, come previsto dalla normativa in Ucraina.

Vescovi, bimbi come merci

Al centro del caso, un video messo in circolazione dalla clinica BioTexCom, per rassicurare i clienti da Stati Uniti, Italia, Austria, Messico, Portogallo: bambini accuditi e lavati vengono mostrati ai genitori in lettini allineati o in incubatrici di ultima generazione, per rassicurarli sulla loro salute, il loro nutrimento e, al tempo stesso, vengono sollecitati interventi governativi per facilitare gli spostamenti. "Privati del tocco materno, del calore dei genitori, della cura gratuita e del necessario amore", dicono i vescovi, i bambini sono mostrati come “un prodotto acquistato". Si tratta, affermano, di una “dimostrazione di disprezzo per la dignità della persona umana”, che è stata resa possibile “dalla legalizzazione della cosiddetta maternità surrogata”.

Ogni bambino è dono di Dio

Questa "pratica inaccettabile", affermano i presuli, “non dovrebbe mai essere chiamata maternità”, anche perché connotata di "insopportabile sofferenza e persecuzione del bambino in primis, della madre che lo ha portato in grembo, dei membri della sua famiglia, e di quelli che producono bimbi come se fossero animali”. Per i vescovi, ogni bambino “è un dono di Dio" ed "ha il diritto di essere concepito in maniera naturale e ha il diritto di nascere in una famiglia e di essere cresciuto in una atmosfera di amore da un padre e una madre”.

Bandire la maternità surrogata

La maternità surrogata “viola tutti questi diritti” e la sua possibilità legislativa, proseguono i vescovi nel loro appello, “rende impossibile all’Ucraina il percorso verso lo sviluppo, il percorso della grande eredità europea”. Alle autorità chiedono dunque che le politiche famigliari siano curate e sviluppate e che la maternità surrogata “sia invece bandita” assicurando ai nenonati “la protezione appropriata e la possibilità di essere adottati nelle famiglie”. La condanna si estende però anche alle istituzioni internazionali che supportano questo "fenomeno vergognoso".

A firmare l'appello Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina e l’arcivescovo latino di Leopoli, Mieczysław Mokrzycki. A Vatican News, l'arcivescovo Shevchuk affida la forte denuncia dell'accaduto parlando di "doppio crimine" e ribadisce la necessità di un sostegno internazionale per mettere fine a questa piaga:

R. - Siamo di fronte ad un doppio crimine. Questo fenomeno della maternità surrogata o utero in affitto innanzitutto è un crimine contro la dignità della donna che per vari motivi, soprattutto economici, è costretta a vendere, anzi svendere, il suo corpo e la sua maternità tramite contratti di schiavitù sottoscritti con questi centri "della salute riproduttiva", come la BioTexCom. Appena firma la donna diventa oggetto di sfruttamento a livello internazionale ed ecco il primo crimine. La seconda dimensione di questo crimine è il bambino che diventa oggetto di compravendita e del traffico di esseri umani. Attualmente alla BioTexCom ci sono quasi 50 bambini abbandonati, trattati e mostrati come merce e non certo come esseri umani. Poi quando la pandemia finirà e si riapriranno le frontiere, verranno queste famiglie che hanno commissionato il loro bambino frutto di una manipolazione biotecnologica e compreranno i loro figli, questo è inaccettabile. 

Il video svela una triste realtà che purtroppo in Ucraina è molto diffusa. Nel vostro comunicato c’è un appello alle istituzioni e alle autorità regionali e nazionali perché intervengano anche a livello legislativo per interrompere questo fenomeno che calpesta la dignità delle donne...

R. - Sì. Non è la prima volta che noi vescovi denunciamo questo fenomeno. Già da anni ne stiamo parlando cercando di sensibilizzare le coscienze nella società e nei legislatori statali. Purtroppo il sistema giuridico ucraino è molto restrittivo nei confronti delle adozioni, ma non lo è su altre cose. Ad esempio, se una famiglia adesso vuole adottare un bambino troverà migliaia di difficoltà e impedimenti, ma sull’utero in affitto non c’è legislazione. Siamo di fronte ad una vera e propria ‘lacuna legis’ che i centri di salute riproduttiva sfruttano a loro piacimento dando vita ad un vero e proprio commercio. Perciò noi chiediamo ai legislatori di appoggiarsi all’esperienza dei Paesi europei in materia, in quelli soprattutto in cui la manipolazione biotecnologica è apertamente vietata e chi ne fa ricorso è punito severamente, ma finora non abbiamo ottenuto risposta. Il Coronavirus ci ha dato la possibilità di scoprire questa piaga della nostra società. Per la prima volta abbiamo visto così tanti bambini tutti insieme diventare oggetto del traffico di esseri umani e questa vicenda ha creato uno scandalo. Perciò il Sinodo della nostra Chiesa e la Conferenza dei vescovi latini hanno fatto fronte comune per ribadire la nostra posizione a riguardo. Speriamo che questo scandalo, ora sotto gli occhi di tutti, possa aiutare la legislazione ucraina a mettere la parola fine alla maternità surrogata e al disprezzo delle donne che ne deriva.

Uno scandalo che in qualche modo allontana l’Ucraina dall’Europa…

R. - Assolutamente. Trattare così le donne scredita il nostro Paese agli occhi dell’Europa e fa emergere un’altra piaga quella della corruzione perché questo traffico di esseri umani è alimentato da tanti soldi. In passato i nostri appelli sono caduti nel vuoto proprio perché c’è qualcuno che guadagna sulla pelle di donne e bambini. Già altre volte i nostri partner europei hanno ammonito l’Ucraina a mettere fine alla corruzione. La Chiesa però oggi è quella forza morale che sta animando con ogni mezzo tutta questa lotta contro la corruzione, ma anche per salvaguardare la dignità umana e ci accorgiamo che entrambi i temi sono fortemente legati tra di loro.

La Chiesa in Ucraina chiede a gran voce l’abolizione di questa pratica. E’ anche vero che per fermare questo mercato bisogna fermare la domanda…

R. – E’ vero. Dove c’è domanda, ci sarà sempre l’offerta. E l’Ucraina sta tristemente diventando un polo riconosciuto per compratori interessati a trovare madri surrogate. In modo particolare la domanda arriva da cittadini spagnoli, ma anche americani. Per mettere fine a questo traffico di esseri umani dobbiamo quindi collaborare tutti insieme e aiutarci a sviluppare leggi, ma anche la nostra coscienza morale, perché finché ci saranno persone disponibili a pagare per un figlio, si troveranno sempre espedienti per soddisfare questa richiesta.

Il vostro appello richiama le parole di Papa Francesco che con forza ha stigmatizzato più volte la pratica dell’utero in affitto denunciando la cultura dello scarto…

R. – Certamente noi anche ribadiamo il no alla cultura dello scarto che mette in risalto i soldi, la comodità, la soddisfazione personale piuttosto che la vita umana. E insieme diciamo no alla cultura della morte, come diceva san Giovanni Paolo II, che uccide il corpo e la dignità. 

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16 maggio 2020, 14:30