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Hérouard: l’Ue post-Covid sia solidale perché la crisi non tolga dignità ai fragili

Il presidente della Commissione della Comece sugli Affari Sociali, monsignor Antoine Hérouard, parla a Vatican News del documento della Commissione degli Episcopati dell'Unione Europea presentato dopo le decisioni di Bruxelles sul piano da 750 miliardi di euro da distribuire ai Paesi membri per l’emergenza coronavirus. In vista di una ripresa, per il vescovo ausiliare di Lille è importante evitare che ciascuno Stato prenda la propria decisione “sperando di essere in posizione più favorevole rispetto agli altri”

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Dopo il varo del Recovery Fund per affrontare l’emergenza coronavirus in Europa, la Commissione degli Episcopati dell'Unione Europea (Comece) esorta il Vecchio Continente a mostrare compattezza e solidarietà. 

Con un documento della Commissione sugli Affari Sociali, la Comece punta l’attenzione sulla “questione della giustizia”: “un piano di ripresa ambizioso - si legge nel documento - sarebbe un segno visibile del fatto che l'Ue e i suoi Stati membri sono tornati sulla strada della solidarietà”.

Unità fraterna

Il testo ripropone la preghiera di Papa Francesco nella Messa a Casa Santa Marta dello scorso 22 aprile, affinché “l’Europa riesca ad avere” una “unità fraterna che hanno sognato” i suoi padri fondatori. Da qui parte pure la riflessione di monsignor Antoine Hérouard, presidente della Commissione della Comece sugli Affari Sociali e vescovo ausiliare di Lille.

L'intervista a monsignor Hérouard

R. - Anche la nostra chiamata è a ritrovare questo spirito dei padri fondatori, perché abbiamo notato come l’Europa in questa crisi non abbia mostrato almeno all'inizio un segnale di unità, di fraternità: ciascun Paese ha agito un po' per conto proprio, lasciando indietro i Paesi più in difficoltà, penso anche in particolare all'Italia quando è cominciata l’epidemia. Adesso il nostro desiderio è di salutare lo sforzo e la volontà che sembra essere manifestata dalla dichiarazione della Commissione Ue e della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per avere un passo molto importante per creare a livello economico, sociale e finanziario una solidarietà più concreta.

Voi sottolineate l’urgenza di un piano di ripresa che metta al centro la questione della giustizia: da dove ripartire allora?

R. - Abbiamo sottolineato tre punti. Il primo è la giustizia ecologica. Dobbiamo anche cambiare il nostro modo di consumare e produrre, con cambiamenti profondi nella vita quotidiana di ciascuno per essere più rispettosi dell'ambiente, secondo il cammino proposto per esempio della Laudato si’ di Papa Francesco. Il secondo è l'attenzione alla giustizia sociale perché questa crisi, come tutte le altre, sta creando delle differenze molto forti fra la gente: vediamo che molte persone si ritrovano senza lavoro e senza denaro. Quindi questa esigenza della giustizia sociale va posta al centro del progetto di aiuto per le regioni e i Paesi che hanno più bisogno. Il terzo punto di questo sforzo riguarda la questione del denaro, delle tasse, quindi una giustizia fiscale: come avere un sistema che sia più giusto e nel quale ognuno paghi il proprio conto e non cerchi di trovare un cammino fuori casa per non pagare le tasse.

A quali emergenze si pensa in questo momento? La salvaguardia dell'ambiente, la povertà…

R. - Queste sono le due priorità, anche perché la questione della povertà sarà una sfida davvero forte davanti a noi e non abbiamo una coscienza ancora molto chiara della profondità della crisi economica e sociale che troviamo in Europa e in tutto il mondo. In questa crisi dobbiamo allora avere al centro dell'attenzione i più piccoli, quelli che hanno più da soffrire in tale situazione, per aiutare ciascuno ad avere una vita dignitosa.

Le polemiche sull’opportunità di riaprire le frontiere in questa nuova fase dell’emergenza possono in qualche modo ostacolare una ripresa del continente?

R. - Bisogna essere attenti, non andare troppo veloci perché l’epidemia non è finita, anche se la situazione sanitaria è migliorata. Però è vero che nel progetto europeo la circolazione delle persone - e non soltanto delle merci - è una cosa importante. Anche a livello economico: per tanti Paesi che hanno una grande parte dell'economia basata sul turismo questo è anche uno scopo molto prioritario, ma sarebbe meglio farlo in un piano più equilibrato fra i diversi Stati, evitando che ciascuno prenda la sua decisione sperando di essere in posizione più favorevole rispetto agli altri.

La Comece come vede l’Europa del dopo pandemia?

R. - Le speranze sono in una coscienza più profonda, sul fatto che il nostro futuro deve essere comune. E se lo sarà, questo significa che dobbiamo aiutarci gli uni e gli altri, ricercando più profondamente la solidarietà, che è mancata. La solidarietà è il fondo del progetto europeo, perché se ci siamo messi insieme per fare alcune cose congiuntamente, per condividere certi valori è perché pensiamo che abbiamo qualcosa in comune. Ed è ciò che dobbiamo ribadire, ritrovare e forse anche spiegare meglio.

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29 maggio 2020, 11:20