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Migranti arrivati a Pozzallo Migranti arrivati a Pozzallo

Montenegro: l’Europa non ci lasci soli nell’accogliere i migranti

La pandemia non sta frenando gli sbarchi sulle coste della Sicilia. A Portopalo ieri sono arrivati 77 migranti, mentre continuano le richieste d’aiuto di imbarcazioni nel Mediterraneo. Intanto la Guardia Costiera ha smentito un presunto naufragio di un gommone segnalato ieri dalla Ong SeaWatch. L’intervista al cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento

Marina Tomarro - Città del Vaticano

Continuano in Sicilia gli sbarchi autonomi di migranti. Nel giorno di Pasqua, in 150 sono giunti a Pozzallo con un gommone proveniente dalla Libia.  La Ong spagnola Aita Mari ieri ha raggiunto un’imbarcazione in pericolo che faceva parte delle quattro segnalate da Alarm Phone nei giorni scorsi, a bordo diverse persone bisognose di assistenza medica tra cui una donna incinta. Intanto i 156 migranti sulla nave della Alan Kurdi sono stati soccorsi nei giorni scorsi nel Mediterraneo, dovrebbero essere trasferiti su un’altra nave appositamente attrezzata per trascorrere il periodo di quarantena. Ma la situazione resta comunque grave, dopo il decreto interministeriale che ha dichiarato insicuri i porti italiani, a causa dell'epidemia di coronavirus.

Cambiare la mentalità dell’accoglienza

“È terribile dover sapere che la gente continua a rischiare la vita solo perché ha il desiderio di vivere – spiega il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento - è vero che questo è un momento particolare per tutti. Noi dobbiamo difenderci dal coronavirus, ma ritengo che questo non sia  l'unico motivo per dimenticarsi dei migranti o non parlarne, o accusarli di peggiorare la situazione". Il porporato si chiede se nell'accogliere non ci sia anche una volontà per non attrezzarsi bene agli arrivi. Lasciare chi arriva sul molo oppure portarli in alberghi chiusi da un anno,  senza avvisare probabilmente né la gente né chi amministra la città, crea soltanto "un braccio di ferro" nella guerra tra poveri. "E allora forse, diventa necessario - sottolinea Montenegro - cambiare mentalità scoprire che questo problema degli immigrati è un problema che ci accompagnerà ancora. Ora con la bella stagione in arrivo, torneranno i barconi e noi non possiamo ogni volta meravigliarci perché qualcuno affonda e muore, dire poi 'poveri bambini e povere donne', ma già lo sappiamo in anticipo che tanti di quei bambini e quelle donne finiranno a fondo”.

Ascolta l'intervista al cardinale Francesco Montenegro

Ma allora Eminenza come si concilia la sicurezza con l’aver cura di queste persone, così come ci chiede anche Papa Francesco?

R. – Se io ho a cuore un problema, una soluzione la trovo. Però l'Europa non vuole altra gente, dimentica di essere vecchia e non guarda al futuro. L’Europa dovrebbe essere capace di attrezzarsi per sapere accogliere e individuare chi ha bisogno dell'aiuto sanitario.

È stato fatto proprio un appello dal Papa all'Europa per cercare delle soluzioni alternative di fronte a questa situazione. Come lo commenta?

R . - Costruire il futuro non è pensare a quello che abbiamo fatto ieri ma riflettere su cosa è stato realizzato per fare qualcosa di diverso domani. Ormai il mondo, quel mondo che si sta costruendo e oggi siamo senz'altro in una fase di passaggio, ci dice che quando usciremo fuori non troveremo più le cose di prima, ma dovremo ricostruire qualcosa di diverso. Noi ci siamo aggrappati a quelle credenze di prima, per cui quando usciremo da questa situazione, avremo con noi le valigie vecchie che avevamo. E questo ci renderà perdenti. La solidarietà non è dire: non ti faccio affondare se sei al mare, ma dire ti salvo, ti aiuto a costruirti una vita. Però per costruire una vita e avere dignità, è necessario prepararsi perché chi arriva possa trovare delle strutture e quindi essere curato ed aiutato, e così ricominciare.

 

Come state affrontando invece proprio questa sfida del coronavirus in questo momento in Sicilia?

R. - In qualche modo siamo un po' più fortunati di altre regioni, perché la diffusione va lentamente. Da un lato è una fortuna perché anche le strutture sanitarie non sono idonee ad affrontare il mostro se volesse entrare… Se dovesse andare avanti così dovremmo dire grazie! Ci sono i malati ma non sono tali da metterci in grossa difficoltà. Abbiamo un ospedale ad Agrigento, i posti sono pochi però la provincia di Agrigento ha 460 mila abitanti. Si parlava di picco in questi giorni ma ancora non è arrivato. Ogni giorno qualcuno si ammala e qualcun altro guarisce.  C'è solo da augurarsi, qui in questa situazione in cui ci troviamo, di riuscire a gestire tutto con più serenità.

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14 aprile 2020, 13:31