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Coronavirus: Delpini su tetto del Duomo di Milano Coronavirus: Delpini su tetto del Duomo di Milano 

Delpini: la Pasqua ci rende partecipi dei sentimenti di Gesù

Gli auguri pasquali di monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, a Radio Vaticana-Vatican News: “Non vogliamo rinunciare a riconoscere Gesù risorto in mezzo a noi”

Luca Collodi – Città del Vaticano

“Vorrei trovare le parole giuste per dire la verità di Pasqua in un clima che sembra negare la Risurrezione e la speranza”, sottolinea l’arcivescovo di Milano nel suo augurio pasquale alla Chiesa milanese, in una situazione “inaspettata, strana, perfino mortificante”. Monsignor Delpini prende spunto dalla sera della prima Pasqua: “Le porte chiuse, i discepoli dentro la casa, intimoriti”. “Ma Gesù si presenta, mostra le ferite e i discepoli esultano riconoscendolo". Quella casa si riempì di gioia - aggiunge - “non per il contesto favorevole ma perché Gesù risorto stava in mezzo a loro. In questi giorni dobbiamo rinunciare a molte cose a cui eravamo abituati, ma non vogliamo rinunciare a riconoscere Gesù risorto in mezzo a noi”.

Nella nostra intervista, monsignor Delpini, sottolinea come la sostanza della Pasqua sia lo Spirito Santo, “che ci rende capaci di vivere con gli stessi sentimenti di Gesù”:

Ascolta l'intervista a monsignor Delpini

R. - Abbiamo vissuto questo triduo, non la celebrazione che ci permette di entrare nella Pasqua del Signore, ma la Pasqua del Signore che ha portato frutto, o almeno si è fatta dono per noi. La sostanza della Pasqua è lo Spirito Santo che ci rende capaci della vita di Gesù, di vivere con gli stessi sentimenti di Gesù. Ecco cosa abbiamo vissuto: un triduo che ci ha reso partecipi dei sentimenti di Gesù per una grazia che non ha avuto l' accesso normale attraverso i segni, ma ha avuto il dono dello Spirito che ha riempito i cuori delle persone che si sono amate, che si sono prestate per il servizio, che si sono sacrificate per gli altri.

Monsignor Delpini come sarà il nostro domani?

R. - Non ho capacità per prevedere come sarà il domani. Il mio principio fondamentale è questo: il domani sarà come lo faremo noi. Chissà se troveremo quella coralità di intenti e quel convergere di impegno che potrà dare un volto promettente al nostro domani. Comunque sarà così: non sarà frutto delle circostanze, ma sarà frutto di libertà che diventano un cammino condiviso oppure un insieme frammentario di cammini contrapposti. Il domani sarà come lo faremo noi.

Stiamo ringraziando in questi giorni giustamente medici, sanitari e volontari ma dobbiamo dire che molte altre persone stanno facendo con passione il loro lavoro al servizio del bene comune? 

R. - Penso che facendo i ringraziamenti c'è sempre il rischio di dimenticare qualcuno. Perché, appunto, con tanta insistenza giustamente si è parlato del personale sanitario, dei volontari, delle forme di carità. E giustamente questi meritano di essere ringraziati. Credo tuttavia che, se abbiamo attraversato e stiamo attraversando in modo sopportabile questa tragedia, sono moltissimi quelli che dobbiamo ringraziare, come i rappresentanti delle Istituzioni, anche quelli che in casa aiutano i bambini a sopportare l'isolamento, anche gli insegnanti che hanno trasmesso le loro lezioni, coloro che si sono dedicati alla cura dei defunti,  a seppellirli,  a cremarli. Tutti quelli che in una situazione straordinaria hanno fatto un lavoro straordinario. L'elenco è sempre incompleto, però la meraviglia per il bene che si fa è sempre doverosa.

Stiamo vivendo una Pasqua patricolare. Che auguri dunque possiamo farci?

R. - In questa Pasqua mi torna spesso alla mente la prima Pasqua, quella che San Giovanni racconta nel suo Vangelo al capitolo 20, dove dice che, siccome le porte del luogo in cui si trovavano i discepoli, erano chiuse per timore dei Giudei,  Gesù arriva e presenta loro le sue ferite, offre il dono della pace e rinnova l'invito alla missione. Ecco, questo è il mio augurio: che anche se le porte sono chiuse, Gesù risorto entri nella casa e la riempia di gioia. Entri in ogni casa, in ogni cuore. Un pensiero finale è questo:  io invito a ritenere che il mondo è più grande di noi. Certamente dobbiamo preoccuparci della nostra situazione, ma dobbiamo ricordarci anche dei problemi di cui abbiamo parlato fino all'altro giorno. I migranti, i problemi delle ingiustizie planetarie, dell'ambiente, della pace e della giustizia. In questa Pasqua, invito proprio ad aprire i nostri orizzonti, a pensare che i nostri problemi sono certamente gravi ma che il nostro pianeta è uno solo e noi facciamo parte della storia di una umanità che deve crescere insieme. E questa diffusione planetaria del virus, ci ha dato l'idea che effettivamente apparteniamo tutti alla famiglia umana, però ha forse indotto ciascuno più a temere l'altro come un pericolo piuttosto che a preoccuparsi dell'altro come di una persona  che merita di essere aiutata e di cui farsi prossimi.

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12 aprile 2020, 08:00