Cambogia, la distribuzione di aiuti alimentari e dispositivi di protezione ai più bisognosi da parte dei Lasalliani Cambogia, la distribuzione di aiuti alimentari e dispositivi di protezione ai più bisognosi da parte dei Lasalliani

Le scuole lasalliane e l’aiuto ai più deboli contro il Covid-19

Negli 80 Paesi del mondo dove ci sono istituti e università dei Fratelli delle Scuole cristiane, e il 60 per cento è nel Terzo Mondo, si moltiplicano le iniziative di prevenzione anti-virus ma soprattutto aiuti alimentari per chi è rimasto senza reddito a causa della pandemia. Nelle Filippine l’Università Lasalliana ospita i senzatetto e li impegna nella distribuzione di aiuti

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La grande famiglia Lasalliana, con il suo milione di studenti in 80 Paesi di tutti i continenti, i 90 mila educatori e i 4mila Fratelli delle Scuole Cristiane non è stata fermata dalla pandemia. Le lezioni, nel “Primo mondo” proseguono con la didattica a distanza, e nel “Terzo” sono purtroppo sospese, ma non la solidarietà fatta oggi di dispositivi di protezione individuale e soprattutto aiuti alimentari per i tantissimi rimasti senza reddito a causa del blocco di ogni attività, imposto per frenare la diffusione del virus.

La campagna di sensibilizzazione #LaSalleCovid19

L’ Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, insieme alla Fondazione De La Salle Solidarietà Internazionale onlus, con l’iniziativa “#LaSalleCovid19”, illustrata nel sito www.lasalle.org, hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi, per promuovere solidarietà e vicinanza e aiutare i più vulnerabili a rispondere all’emergenza Covid-19. Si tratta di un hashtag per rispondere a interrogativi pressanti nei Paesi paesi in via di sviluppo: “Come si possono attuare le misure di distanziamento sociale in uno slum?” e anche ”Come ci si può lavare frequentemente le mani senza acqua corrente?” oppure, “Come faranno i sistemi sanitari più fragili ad affrontare le esigenze mediche di così tante persone?”. L’hashtag permette anche a insegnanti e compagni di classe di ritrovarsi tra i social e condividere con colleghi e di altri paesi messaggi di speranza, foto e video. E attraverso i social vengono anche condivise le numerose iniziative che i Lasalliani stanno realizzando a livello locale per assistere la propria comunità, come la distribuzione di cibo e prodotti igienico-sanitari e la realizzazione di mascherine e rifugi sicuri.

Filippine, Università Lasalliana, gli operatori impegnati nella distribuzione di kit sanitari con i senzatetto ospitati nell'ateneo
Filippine, Università Lasalliana, gli operatori impegnati nella distribuzione di kit sanitari con i senzatetto ospitati nell'ateneo

Le iniziative nelle Filippine, in India e in Cambogia

Nelle 16 comunità educative dei Lasalliani nelle Filippine, ad esempio, l’iniziativa “Kada-uno”, cioè ognuno, in filippino “bawa’t isa” prevede la realizzazione di sei rifugi sicuri per gli operatori sanitari, sette per i senzatetto, uno per i lavoratori filippini d’oltremare che sono in quarantena, e poi la produzione di mascherine, la fornitura di strumenti e attrezzature mediche in diversi ospedali a livello nazionale.  In India, come spiega a Vatican News fratel Amilcare Boccuccia, direttore della Fondazione De La Salle solidarietà internazionale onlus, è stata attivata la distribuzione di generi alimentari alle persone più vulnerabili di Mangalagiri e Susai Pathiyapuram. Nella scuola “La Salle Pouthum” in Cambogia, i Fratelli, le Suore lasalliane e hanno celebrato la giornata del fondatore, san Giovanni Battista De La Salle, il 7 aprile scorso, procurando cibo e beni di prima necessità a chi è stato contagiato dal nuovo coronavirus, così come alle persone bisognose della comunità locale.

Fratel Amilcare: prima necessità è il cibo, non le mascherine

Chiediamo a Fratel Amilcare di fare il punto sulla situazione nelle scuole del "Primo Mondo" e nelle zone più vulnerabili dove sono attivi i progetti di solidarietà dei Lasalliani.

Ascolta l'intervista a fratel Amilcare Boccuccia

R. - Noi siamo in 80 Paesi e circa il 60% sono nel “Terzo mondo” e quindi, nel 40%, più o meno che sta nel cosiddetto “Primo mondo” le problematiche sono quelle che conosciamo qui in Italia: la comunicazione, cercando di fare didattica attraverso internet, a distanza. Nel Terzo mondo la maggioranza dei Paesi non hanno questa possibilità, sia perché gli alunni non hanno gli strumenti ma anche perché molte volte le linee di internet non sono così potenti da poter fare le lezioni. Quindi quasi tutti i Paesi, a cascata, hanno chiuso tutti quanti le scuole, anche se qualcuno ora sta già riaprendo. Proprio ieri, dal Madagascar, mi è arrivata la comunicazione che il governo ha dato il permesso e l’ordine di riaprire. Però dove non ci sono i mezzi di comunicazione adatti la didattica si è fermata.

Riuscite a fare educazione sanitaria e prevenzione anti-virus per gli allievi del cosiddetto "Terzo Mondo" e per le loro famiglie?

R. – Generalmente sì, prima ancora di chiudere le scuole, i Fratelli e gli insegnanti laici sono riusciti a dare delle direttive. Ma anche dopo, perché è quello che noi vediamo qui in Italia o in Europa, di stare a casa, di chiudersi non è possibile, per l'economia stessa, di sopravvivenza, delle persone, e quindi questi contatti sono continuati, anche se non così stretti come nei tempi normali, e questo ha aiutato anche perché loro si sono attivati non solo per dare delle istruzioni, ma anche per, ad esempio, aiutarli a costruire una mascherina oppure distribuire prodotti igienico-sanitari.

Distribuzione di aiuti dei Lasalliani in India
Distribuzione di aiuti dei Lasalliani in India

Ci racconti una o due di queste iniziative di solidarietà e assistenza locale che più l'hanno colpita…

R. – Noi circa un mese fa abbiamo lanciato una specie di inchiesta chiedendo ai referenti degli istituti scolastici e dei progetti di solidarietà di cosa avevano più bisogno. E ci ha colpito molto che quando sono arrivate le risposte la prima necessità nel Terzo mondo era cibo: Siamo rimasti un po' sorpresi perché noi ci aspettavamo medicine. Ma ripensando anche alla mia esperienza personale, essendo vissuto quasi 40 anni in Africa, ho capito immediatamente. L'economia in questi Paesi è un’economia giornaliera, quindi il fatto di non poter più trovare lavoro giornaliero, le piccole attività sono state chiuse per ordine del governo, le famiglie si sono ritrovate praticamente senza cibo, ma anche senza prodotti per una pulizia normale. Quindi una delle cose più importanti che hanno fatto, in genere, è stato immediatamente comprare del cibo e distribuire del cibo ai più poveri. Ad esempio in uno slum di Nairobi, dove abbiamo  le nostre case di formazione internazionali, si sono dedicati soprattutto a questo e hanno preso come target donne single con bambini, che non avevano più nulla da mangiare. In India hanno individuato soprattutto coloro che erano in difficoltà e hanno distribuito cibo e materiale sanitario. Noi abbiamo cercato di inviargli dei soldi per poterli aiutare. L’ esempio più bello é nelle Filippine, che sono quelli che si sono mossi per primi. L'Università La Salle ha aperto i grandi spazi che aveva anche per i senzatetto, che erano in mezzo alla strada, e a un certo momento questi senzatetto sono stati utilissimi, perché non avendo più i volontari, perché non si potevano più muovere, sono stati loro a cominciare a lavorare, a preparare i kit con le mascherine, a fare la distribuzione di aiuti, eccetera. Ci hanno detto poi che anche psicologicamente si sono sentiti come rinascere, perché erano loro che avevano sempre ha chiesto l'elemosina, e adesso si trovavano in una posizione di poter aiutare gli altri. Quindi molto bello. Un’ emergenza che è venuta fuori stamattina, invece, è in Burkina Faso, e ancora non sappiamo nemmeno come fare. Si sta accavallando non solo la povertà generale ma il fatto che l’estremismo islamico nel nord del paese sta intensificando gli attacchi e quindi nelle nostre scuole, nella zona dove ci sono dei grandi campi di rifugiati c’è stata anche una pioggia torrenziale, e ha allagato questi campi di rifugiati, in cui si è moltiplicato quindi il disastro naturale e il virus. Per adesso li hanno ospitati in alcune scuole però la situazione è molto grave.

La preoccupazione più grande però è anche cosa succederà se il virus colpirà più forte in questi paesi più vulnerabili. I Fratelli e partner laici che sono sul posto cosa vi dicono?

R. - Sono molto coscienti che loro non hanno anche a livello governativo, né i mezzi tecnologici, né i mezzi finanziari, né i mezzi sanitari per poter far fronte a quello che noi stiamo vedendo nel primo mondo. In quasi tutta l'Africa non esiste un laboratorio, eccetto nelle zone che erano state esposte al Ebola, che possa fare un'analisi certa sul Covid-19. L’ondata sta arrivando adesso, per esempio, in Africa. Per loro la speranza probabilmente è che dato che è una popolazione molto più giovane, ci sia un'auto-resistenza maggiore di quella che noi abbiamo avuto qui in Italia. Ma il loro leit-motiv è “ci ucciderà prima la fame del virus”. Perché anche chi ha un lavoro come in India, le ditte hanno chiuso ma non è che il governo è intervenuto per cui loro vengono licenziati, non ci sono le leggi sociali che abbiamo noi. Quindi anche gente che magari stava abbastanza bene, la medio-bassa borghesia, si ritrova praticamente alla fame. Ed infatti l'allarme più grande nella nostra inchiesta è sempre stato quello della mancanza di cibo.

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#LaSalleCovid19, le iniziative dei Lasalliani contro la pandemia
29 aprile 2020, 07:48