Veronica e i ragazzi dell'oratorio, prima della pandemia Veronica e i ragazzi dell'oratorio, prima della pandemia

La presenza degli oratori tra i ragazzi oltre le barriere della pandemia

A Milano, nonostante la chiusura totale a causa del coronavirus, gli oratori continuano virtualmente a stare vicini ai ragazzi e ai bambini che li frequentano. Si inizia la mattina con il buongiorno per poi proseguire con i compiti insieme, fino ad arrivare alle favole della buonanotte

Marina Tomarro - Città del Vaticano

Un oratorio virtuale ma molto concreto, che entra attraverso uno schermo di un tablet o di un telefonino direttamente nelle case dei ragazzi che ne fanno parte, perché c’è una vita che deve andare avanti nonostante il coronavirus. A Milano, gli oratori non hanno voluto chiudere del tutto, e non potendo accogliere i ragazzi fisicamente nelle parrocchie, nei cortili e negli spazi adibiti, gli educatori e i sacerdoti si sono organizzati per poter stare comunque con loro ogni giorno, e continuare a seguirli per svolgere, anche se in maniera differente, tutte quelle attività che venivano fatte quotidianamente.

Una prossimità non solo virtuale

“Il mio lavoro – racconta Veronica D’Ortenzio educatrice presso gli oratori della diocesi di Milano –  si svolge principalmente nella parrocchia di san Michele e santa Rita, nel quartiere di Corvetto. Si tratta di una periferia a sud est della città, dove convivono realtà difficili. Ci sono palazzi occupati, famiglie con grosse difficoltà economiche, gente che fatica ad andare avanti. Questa situazione di isolamento a cui siamo costretti a causa del coronavirus, ha quindi peggiorato una situazione già molto precaria”. Insieme ad un collega, Veronica ha dovuto trovare quindi un nuovo modo per raggiungere i bambini e i ragazzi che frequentano la parrocchia. “Per i ragazzi di questa zona – continua  – la frequentazione al nostro oratorio è molto importante, perché li toglie da quello che è il pericolo più grande: la strada. Ora questo non è più possibile fisicamente, ma noi li raggiungiamo comunque tutti i giorni virtualmente. Continuiamo il doposcuola, ad esempio. Seguiamo sia i più piccoli che i preadolescenti nei loro percorsi scolastici. Facciamo i compiti insieme, ma nello stesso tempo parliamo con loro, ci facciamo raccontare come passano le giornate, cercando di capire se ci sono situazioni dove in qualche modo dobbiamo intervenire con degli aiuti, sia psicologici che materiali. Insieme al Centro Sportivo Italiano, stavamo organizzano una piccola scuola calcio. Tramite WhatsApp il mio collega manda ai bambini dei video tutorial con gli esercizi che possono tranquillamente eseguire anche a casa e avere delle cose da fare nei lunghi pomeriggi noiosi della quarantena”.

Ascolta l'intervista a Veronica D'Ortenzio

Il quadrilatero della solidarietà

Il progetto promosso dalla diocesi di Milano coinvolge quattro parrocchie situate nelle periferie del capoluogo lombardo; due in zona sud est, Corvetto e piazzale Cuoco con la parrocchia di Sant’Eugenio; mentre nella zona nord ovest sono state coinvolte la parrocchia di Sant’Anselmo a Baggio e la parrocchia di Santa Lucia a Quartogiaro. “È un lavoro di rete che va a coinvolgere diverse associazioni – spiega Veronica – si collabora tutti insieme per cercare di portare un po' di luce in situazioni davvero complicate. La cosa che mi colpisce di più è quando ci contattano i genitori di questi ragazzi per ringraziarci. Si tratta soprattutto di donne giovani con figli, spesso sole perché il marito o è in carcere, oppure è andato via di casa lasciandole in situazioni di disagio economico e morale. L’altro giorno una mamma mi ha telefonato, per dirmi quanto fosse importante quel contatto quotidiano con il figlio e questa cosa mi ha commossa profondamente”.

Dal buongiorno alle favole della buonanotte

Una particolare attenzione viene data proprio ai più piccoli, attraverso iniziative adatte alla loro età. “In accordo con i genitori – racconta l’educatrice – chiamiamo la mattina per dare ai bambini il buongiorno, e li intratteniamo con dei giochi facendo sentire che, nonostante la distanza fisica, noi siamo vicini. La sera invece abbiamo creato l’angolo delle storie. Io da casa ho costruito un piccolo angolo che ho chiamato “il soppalco della Soqquadro”, che è, diciamo, il mio nome d’arte in oratorio, e da lì leggo dei racconti ai piccoli che aspettano questa carezza della buonanotte. In occasione della Settimana Santa ho scelto di raccontare loro storie di Santi e storie tratte dalla Bibbia, e sembra che abbiano molto gradito!”

Una vicinanza che lascia il segno

Ma in questa situazione particolare, la prossimità non è solo rivolta ai bambini e ai ragazzi, ma anche agli adulti che spesso si ritrovano da soli ad affrontare la fatica di un isolamento forzato. “Abbiamo pensato – spiega Veronica – di inviare il messaggio che il nostro arcivescovo Delpini manda alla diocesi tutti i giorni, alle persone che ci seguono, genitori dei ragazzi, nonni, o chi ci dà una mano. Sono messaggi ricchi di speranza, un incoraggiamento a guardare oltre questo momento, e per vivere la quarantena con uno spirito di fede senza disperazione. Sono piccole cose, ma servono per far capire alle persone che non ci siamo dimenticati di loro. Per queste famiglie molto fragili, spesso attraversate da grandi ferite, l’oratorio rimane un punto di riferimento sicuro nel territorio, o come mi ha detto un genitore, uno squarcio di sereno in mezzo alle nuvole della vita”.

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13 aprile 2020, 13:05