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Coprifuoco ad Algeri per rallentare il contagio Coprifuoco ad Algeri per rallentare il contagio 

Algeria, l'arcivescovo della capitale: in questo momento sperimentiamo la fratellanza universale

L'appello di monsignor Paul Desfarges è a non avere paura e di affidarsi a Dio

Tiziana Campisi - Città del Vaticano

“Non abbiate paura”: è la riflessione con la quale l’arcivescovo di Algeri Paul Desfarges incoraggia a non perdere di vista l’essenziale dinanzi all’emergenza coronavirus. Il presule, che sul portale della Chiesa d’Algeria inaugura la nuova rubrica “La nota del vescovo”, sottolinea che l’attuale momento ci sta facendo sperimentare la fratellanza umana e universale come mai ci saremmo aspettati, così all’unisono confinati, isolati, soli, in famiglia, in comunità, in piccoli gruppi, in carcere. “Un’emozione comune ci rende vicini l’uno l’altro – scrive monsignor Desfarges –. La nostra sofferenza, quella dei nostri vicini, il lutto per i parenti, ci fanno provare una vera compassione verso tutti coloro di cui ascoltiamo notizie dalla Cina, dall’Italia, dall’Africa centrale, dal Canada o dal nostro Paese, da Blida, Ghardaïa o altrove. La fragilità della nostra comune umanità ci avvicina”. L’arcivescovo di Algeri considera poi quante testimonianze di solidarietà, in tutto il mondo stanno emergendo, “di buoni samaritani, badanti e aiutanti” e di “persone anonime di cui nessuno parlerà” e che sono più numerosi di quelli dei quali i media ci parlano. Ma, avverte il presule “certamente non mancano l’egoismo e la codardia. Alcuni critici, politici o altri, sembrano assai vani”. Tuttavia “è bello vedere che l’attenzione fraterna senza confini ha preso il sopravvento”.

Dio attraversa tutte le porte dell'isolamento

Monsignor Desfarges ricorda la Casa Sant’Agostino per gli anziani ad Annaba, a fianco della basilica dedicata al vescovo di Ippona, un segno, come tanti altri, dello slancio fraterno offerto dalla Chiesa. Annovera poi le iniziative di parroci e cappellani per mantenere i contatti che aumentano ogni giorno. “Le famiglie assaporano il tempo di vivere con la famiglia – aggiunge –. Quest’anno sperimentiamo quanto hanno vissuto i primi discepoli la mattina di Pasqua”. Le distanze e l’isolamento che impediscono di riunirsi, andare a pregare insieme, celebrare insieme, potrebbero lasciarci indifesi, avverte monsignor Desfarges, tristi, depressi o nell’angoscia e farci domandare se Dio è assente. E invece Lui è lì, ad attraversare tutte le porte dell’isolamento, la più importante delle quali è quella della paura. Per il presule Cristo è lì a portare “un nuovo gusto alla preghiera personale, alla preghiera familiare, alla lettura della Parola”, “la sua misericordia attraversa gli schermi” come è emerso il 27 marzo scorso, quando il Papa, con la Benedizione Urbi e Orbi da Roma per tutto il mondo, ha trasmesso in diretta il perdono di Gesù sulla Croce. “È un perdono per tutti, sì per tutti, senza condizioni. Perché Dio è un Padre che ama tutti i suoi figli – conclude monsignor Desfarges –. Il Signore si dona nella comunione, in realtà, quando lo accogliamo nei nostri cuori e quando ci amiamo. Sì, è davvero Pasqua. È vivo. Ci dice: ‘Non avere paura, io sono con te’”.

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03 aprile 2020, 16:09