La Chiesa che c'è La Chiesa che c'è 

La Chiesa vicina all’umanità, raccontata dai comunicatori cattolici

Una pagina Facebook e una rubrica Youtube, “Rastrelli feriali”, che è nata dal basso e che sin dalla prima ora ha iniziato a raccontare la chiesa nel tempo del Coronavirus, per far emergere il ruolo indispensabile del popolo cristiano. Migliaia di iniziative caritatevoli e di prossimità spirituale nel progetto coordinato da Martina Pastorelli

Marco Guerra – Città del Vaticano

La Chiesa è presente più che mai in questo momento di privazioni, limitazioni e grande dolore provocato dalla pandemia di Coronavirus. L’impossibilità, per motivi di salute pubblica, di celebrare i riti con il popolo di Dio, non impedisce al clero e ai laici di offrire aiuto materiale e una prossimità spirituale con una creatività che si sviluppa in numerose iniziative di ogni tipo.

La Chiesa sempre vicina

Lo sforzo economico delle diocesi e delle Caritas; l’ascolto e il sostegno delle fragilità, nel rispetto delle disposizioni di sicurezza; i momenti di preghiera e di catechesi portati avanti grazie all’utilizzo di tutti i mezzi della comunicazione digitale sono solo parte dell’impegno messo in campo dalla Chiesa in tutto il mondo. Particolarmente significativa la presenza dei consacrati negli ospedali e nelle strutture sanitarie che fronteggiano in prima linea l’emergenza. Non meno importante il ruolo del personale sanitario credente che offre segni di misericordia, conforto e speranza ai malati che lottano contro il virus e ai paranti che non possono recarsi ai capezzali dei loro cari.

L’impegno dei comunicatori cattolici

Per cogliere tutto il bene che emerge da questa situazione di enorme sacrificio, la giornalista cattolica fondatrice di "Nel Dialogo", Martina Pastorelli, ha lanciato la pagina Facebook #lachiesachecè. L’esperta di comunicazione triestina, insieme ad altri giornalisti ed alcuni sacerdoti, raccoglie ogni giorno tutte le testimonianze che arrivano dal territorio, dalle parrocchie, dalle comunità di fede e dai presuli per mostrare come la Chiesa non ci lascia mai soli.

Mettere in luce l’impegno e il bene

“E' un modo per mostrare il contributo della fede a tutta la comunità umana”, spiega a VaticanNews Martina Pastorelli:

Ascolta l'intervista a Martina Pastorelli

R. – Questa iniziativa nasce da una costatazione in un preciso momento. Quando il governo ha iniziato ad applicare le misure più restrittive, inclusa la sospensione delle Messe pubbliche, sembrava che la questione della presenza della Chiesa si riducesse al tema “chiese aperte/chiuse”. Allora, io che ho il “pallino” di smarcare la Chiesa dalle cornici che impediscono di vedere il bene che è e che fa, ho voluto mostrare l’altra storia: che la Chiesa c’è. Ed è nata così una pagina facebook, un hastag per i social, proprio per raccogliere dalle persone, che questa storia la stanno sperimentando concretamente, immagini, notizie, segnalazioni, iniziative sui molti modi in cui la Chiesa si fa prossima e non ci lascia soli.

Esempi di segnalazioni che arrivano alla vostra pagina parlano di una Chiesa in trincea, di una Chiesa in prima linea che offre servizi materiali ma anche prossimità spirituale, con creatività…

R. – Esattamente. Le iniziative sono davvero tante e in linea generale mostrano una presenza sia materiale – come dicevi tu – sia spirituale. Ci sono gli aiuti poi a vario livello: quelli a livello nazionale – penso ai tre milioni appena stanziati dalla Cei per sostenere le strutture sanitarie, ma penso anche alla Caritas che non chiude mai il suo servizio ai poveri. Poi ci sono le iniziative materiali a livello locale: mi viene in mente la raccolta-fondi per gli ospedali avviata dalla diocesi di Agrigento. E poi c’è tutto un fiorire di iniziative particolari che abbiamo riportato: dalle Messe o l’Angelus improvvisati sui tetti delle chiese, ad esempio a Santa Maria della Salute a Napoli; sempre dal tetto della loro palazzina a Roma, arriva il video del canto all’Immacolata delle Apostole del Sacro Cuore, oppure le immagini – molto emozionanti, molto toccanti – del Rosario, fatto da altre religiose in Abruzzo, con dei palloncini che sono stati fatti salire al cielo per essere più vicini a Dio e alle persone. Ci sono i preti che offrono ascolto a chi è solo, a chi è in affanno dando il numero di cellulare. Per non parlare poi delle suore, che in varie parti d’Italia cuciono, distribuiscono, lavano mascherine quando non sono in corsia a curare e a consolare i malati, pronte al sacrificio di sé stesse: lo ha ricordato anche il Papa. Così come fanno  i cappellani degli ospedali che sono di conforto ai malati, ai moribondi ma anche al personale sanitario, al personale medico. Mi ha molto colpito la testimonianza pubblicata l’altro giorno; diceva: “Credenti e non, ci chiedono di essere presenti”. E poi c’è l’impegno in prima persona dei vescovi: la diocesi di Padova, tra le prime ad adottare il nostro hashtag, che è presente più volte al giorno sui social anche con il suo vescovo. E la Chiesa, poi, pensa anche ai più piccoli: adesso si sta molto online. Tra i messaggi che quotidianamente pubblichiamo ci sono anche quelli di don Fortunato Di Noto, un esperto nel campo della tutela dei minori, sull’importanza di vegliare perché la rete non sia, non diventi un pericolo per i bambini.

Quali le prossime iniziative?

R. – La prossima parte proprio domenica 29: sulla nostra pagina ci sarà uno strumento di riflessione molto bello. Offriremo sette pillole video, ad uso social – una al giorno – per riflettere su altrettante occasioni che questa emergenza rappresentano. Benedetto XVI scriveva che la crisi può essere occasione di discernimento e nuova progettualità, e allora da quella che ci impone il coronavirus abbiamo realizzato una serie di video con il vescovo di Trieste, mons. Crepaldi, che trae sette occasioni per il futuro alla luce della dottrina sociale della Chiesa. L’obiettivo è proprio quello di cercare di rimettere l’uomo al centro. Nel cristianesimo tutto, anche eventi come questa pandemia, diventa l’occasione per fare cultura dell’umanesimo integrale.

Quali insegnamenti e opportunità come comunicatori cattolici dobbiamo cogliere da questa esperienza di privazioni e rinunce? È possibile riportare il dibattito sulle grandi domande di senso della vita che scuotono le coscienze in questo momento?

R. - La crisi ci obbliga a riprogettare il cammino, possibilmente a darci nuove regole, a trovare delle nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive che stiamo verificando anche in questi giorni così dolorosi. Una di queste esperienze positive che speriamo che rimanga - e che è compito anche nostro, come comunicatori cattolici, far conoscere - è proprio il ruolo indispensabile della Chiesa nella società. La fede non è fatto privato, il contributo che dalla fede può venire per tutta la comunità umana, lo stiamo toccando con mano in questi giorni ed è forse una delle lezioni e degli insegnamenti più importanti da mettere in evidenza e da tenere cari per il futuro che verrà.

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26 marzo 2020, 13:00