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Don Alberto Debbi e quel richiamo a tornare a fare lo pneumologo

Di fronte al bisogno occorre mettersi a disposizione: è la riflessione che ha spinto un giovane sacerdote a indossare nuovamente il camice e lottare contro un male che sta colpendo tutti, giovani e anziani

Paolo Ondarza - Città del Vaticano

E’ tornato in corsia da due giorni, nel reparto di pneumologia dell’Ospedale di Sassuolo, don Alberto Debbi. 44 anni appena compiuti, ordinato sacerdote nel 2018, oggi è vicario parrocchiale nell'Unità pastorale correggese “Beata Vergine delle Grazie”. Dal 2007 al 2013 ha esercitato la professione di pneumologo nel nosocomio della cittadina in provincia di Modena.

A spingerlo ad indossare nuovamente il camice sopra la talare, racconta a Vatican News, “oltre agli appelli vari da tv e giornali, sono stati i contatti telefonici con gli ex colleghi: mi hanno dipinto una situazione davvero drammatica e impegnativa, poco nota al di fuori dell’ospedale. Allora mi sono interrogato: cosa faccio? Sono medico, specialista in pneumologia. Di fronte ad un bisogno occorre mettersi a disposizione”.

Ascolta l'intervista a don Alberto

La realtà dell'Ospedale

Don Alberto ha parole di grande apprezzamento per i suoi colleghi che lo hanno subito accolto come in una famiglia: in soli 10 giorni hanno saputo stravolgere tutta l’organizzazione del lavoro. Anche grazie alla generosità di molte donazioni l’Ospedale di Sassuolo si sta attrezzando per creare un’area dedicata alla Terapia Intensiva e ha già accolto i primi pazienti che necessitano di assistenza respiratoria 24 ore su 24. “I medici – racconta il sacerdote - hanno saputo fare cose eroiche in una situazione impegnativa e drammatica. E’ bello vedere ancora nei loro occhi la determinazione, la voglia di far bene, la voglia di essere accanto ai malati pur con la fatica fisica”.

Fatica fisica e spirituale

Don Alberto non nasconde che il nemico contro cui si combatte ogni minuto, non è facile da affrontare e colpisce tutti, anziani e giovani: “E’ chiaro che laddove ci sono delle fragilità o delle patologie pregresse, le cose tendenzialmente vanno peggio, però la malattia è impegnativa per tutti. La situazione è particolarmente critica, non abbiamo a disposizione grosse armi, si cerca di fare il possibile, ma l'impressione è che si possa incidere poco sulla malattia del paziente”.

Cosa vuol dire tornare a fare il medico da sacerdote? “Spero di poter portare il messaggio e la vicinanza del Signore”. Lo accompagnano la preghiera, l’affetto e la vicinanza dei parrocchiani manifestata in vario modo in queste ore. La fede, da coraggio e aiuta ad affrontare l’apprensione e la paura.

Il bene da trarre

A chi deve restare a casa, ma avverte il richiamo cristiano a farsi prossimo di chi è nella sofferenza, il sacerdote dice “la preghiera è accessibile a tutti. Tutti possono pregare da casa. Facciamo ciò che possiamo e facciamolo al meglio. Anche lo stare a casa, facciamolo al meglio. Penso ci sia davvero bisogno di promuovere comportamenti belli, per far muovere il bene”. Prima di tornare al suo lavoro, don Alberto esprime un desiderio: “Speriamo davvero che si possa imparare da questa situazione così drammatica. Il bene si può trarre anche da una situazione dove apparentemente non c’è nulla di buono”.

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20 marzo 2020, 08:00