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Covid-19, suore orionine: sofferenza che è condivisione

La Casa Madre della famiglia orionina a Tortona è stata evacuata per contagio. Metà delle 40 religiose infettate, 5 decedute. La testimonianza di suor Gabriella: “Condividiamo la precarietà degli ultimi"

Fabio Colagrande - Città del Vaticano

La Casa Madre della famiglia orionina a Tortona, provincia di Alessandria, evacuata, almeno in parte, dal 12 marzo scorso per contagio da coronavirus. Cinque anziane Piccole suore missionarie della carità decedute nell’ultima settimana per infezione da Covid-19. E la testimonianza delle religiose rimaste nell’istituto per assistere le consorelle non autosufficienti che non potevano essere trasferite altrove.

Le case di accoglienza italiane

È una vicenda questa purtroppo simile a tante altre che, da quando è stata dichiarata la pandemia, hanno coinvolto in tutta Italia case di accoglienza per anziani e comunità religiose. Nella diocesi piemontese di Tortona, fra le più colpite dal virus nel nord del Paese, l’ufficio di igiene, sollecitato dai primi di marzo dalle religiose orionine, ha seguito giorno per giorno l’evolversi della situazione nella casa che ospitava 40 sorelle. “Quando però i casi di malattia sono aumentati – ci racconta suor Gabriella Perazzi economa della provincia “Mater Dei” – in accordo con il vice sindaco abbiamo allertato l’unità di crisi”.

Ascolta l'intervista a Suor Gabriella

Le suore di Tortona

Così il 12 marzo l’edificio, con la preziosa collaborazione della Croce Rossa locale, è stato parzialmente evacuato mentre 19 sorelle venivano ricoverate in ospedale, dove risultavano tutte positive al Covid-19, e un altro gruppo di 14 venivano accolte in quarantena nella Casa del Pellegrino dei Figli della Divina Provvidenza di Tortona. Nei giorni successivi cinque religiose fra le più anziane di questa comunità delle Piccole Suore Missionarie della Carità perdevano la vita in ospedale, mentre altre quattro venivano dimesse. Nella Casa Madre però restavano sei religiose che per condizioni di salute ed età non erano trasportabili altrove. Ad assisterle suor Gabriella e una consorella.

“Siamo rimaste perché queste consorelle necessitano di assistenza e la nostra Casa madre è per noi una sorta di casa di riposo dove vengono le orionine dopo una vita spesa al servizio dei fratelli”, ci dice al telefono da Tortona, suor Gabriella. “Siamo restate a nostro rischio e pericolo. Era stata fatta la sanificazione di tutta la casa, mentre nella parte dove siamo rimaste con le sorelle ammalate abbiamo sanificato noi come potevamo”. E continua: “Queste consorelle non potevano essere ricoverate in ospedale perché non c'era più posto e non avevano sintomi compatibili con il Covid-19. Ma non erano neanche trasportabili nella casa dove sono andate le altre in isolamento, insomma, onestamente non potevamo lasciare da sole queste consorelle che non erano in grado di gestirsi in autonomia”.

Suor Gabriella si chiede se anche se per evitare il diffondersi del contagio l’evacuazione della Casa madre non andasse effettuata prima. “Magari si poteva fare un controllo previo per individuare le persone che potevano essere già infette da coronavirus in modo da poterle subito isolare e non causare un focolaio che ha coinvolto metà delle nostre consorelle. Ma mi rendo conto che qui come altrove il sistema sanitario ha subito un collasso e pur seguendo i protocolli non abbiamo potuto evitare il peggio”.


La Casa degli orionini

La vicenda ha coinvolto un luogo storico per tutta la famiglia orionina. “In questa casa è nata la nostra famiglia religiosa”, spiega suor Gabriella. “Per quanto riguarda, fin dall'inizio, il ramo maschile don Orione aprì proprio qui il primo ‘Colleggetto’ per i giovani che volevano diventare sacerdoti ma non avevano le risorse finanziarie per proseguire su questo cammino”. Poi successivamente è stata proprio la casa che ha visto la nascita delle Piccole suore missionarie della Carità. “È rimasta nel nostro cuore proprio come il centro, il fulcro da cui è partita poi tutta l'opera di don Orione che si è estesa in tutto il mondo. Oggi per noi rappresenta ancora questo cuore pulsante e anche il luogo in cui le nostre consorelle si vengono a riposare e preparano l’ultima parte della loro vita perché così ha voluto il fondatore. Questa casa rappresenta un po' la Cafarnao per ognuna di noi e anche il luogo in cui prepararsi dopo una vita spesa al servizio dei fratelli con l’offerta attraverso la preghiera e le sofferenze, anche perché comunque le nostre consorelle che sono qui hanno spesso tante patologie”.


La riflessione della Quaresima

Ma questa sofferenza così profonda e inaspettata che le suore orionine condividono con tutto il mondo ha per le religiose un significato particolare. “Riflettiamo spesso con le nostre consorelle più anziane che stiamo vivendo una Quaresima così dura che neanche loro – che hanno più di 85 anni – ricordano di aver vissuto. È davvero un tempo di privazione e di sofferenza”, conclude suor Gabriella. “Tante volte come Piccole Suore Missionarie della Carità ci siamo poste l’obbiettivo di condividere la vita dei poveri, degli ultimi, le vite fragili. Ma mai forse in una dimensione così viva, così forte, così presente. Davvero in questo momento noi condividiamo la vita di tante persone che in tutta Italia e in tutto il mondo sperimentano questa fragilità di fronte a qualcosa che arriva e sconvolge la vita di una famiglia come quella di una comunità religiosa. Niente è più come prima, devi riadattarti completamente. Ecco, in questa precarietà penso che noi sperimentiamo la vita che stanno facendo tanti nostri fratelli e sorelle. Credo che il Signore ci chiama oggi a servire qui, in questa precarietà”.

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28 marzo 2020, 09:47