il carcere di Noronha in Brasile, durante la rivolta dei detenuti per la sospensione dei permessi il carcere di Noronha in Brasile, durante la rivolta dei detenuti per la sospensione dei permessi 

I vescovi brasiliani: carceri in condizioni disumane per il virus

Carenza di acqua e cibo, scarse misure igieniche e difficoltà nel comunicare con l'esterno segnano la vita dei detenuti in Brasile

Roberta Barbi - Città del Vaticano

I vescovi della Pastorale dei detenuti interna alla Conferenza episcopale brasiliana pubblica sul suo portale una denuncia sulla gestione delle carceri in questo periodo di crisi del sistema sanitario dovuta alla pandemia da Coronavirus. “La realtà dimostra che i direttori delle carceri di tutto il Brasile hanno scelto di aumentare il numero di barriere in ingresso a cibo pulito, materiale per l'igiene personale, pulizia e medicinali", si legge.

Carenza di cibo per i detenuti

In Amazzonia, ad esempio, i vescovi della Pastorale carceraria che normalmente lavorano con i detenuti e con le loro famiglie, indicano che ci sono segnalazioni di problemi alimentari, sia a causa della mancanza di cibo che della sua scarsa salubrità: ciò provoca una riduzione delle vitamine nel corpo e, di conseguenza, una diminuzione dell'immunità fisiologica: "Nel Minas Gerais abbiamo anche ricevuto lamentele per il divieto di consegna delle merci da parte dei parenti – scrivono – i prodotti per l'igiene personale e per la pulizia sono costantemente messi alla porta".

Non entrano oggetti dall'esterno

In una prigione situata all'interno di San Paolo, i presuli della Pastorale sottolineano che i detenuti non ricevono saponi, dentifricio, carta igienica, medicinali, cibo sano, tra gli altri oggetti essenziali per combattere qualsiasi epidemia. "I parenti, molti dei quali versano in precarie condizioni economiche, hanno speso per l’acquisto dei prodotti e per l’invio tramite posta. L'autorità responsabile della gestione del carcere, tuttavia, ha vietato l'ingresso di qualsiasi materiale dall’esterno", evidenziano.

Interrotte le visite

Secondo i parenti, quindi, in molti istituti di pena sono interrotte sia le visite dei parenti sia la consegna dei beni che arrivano per posta dall’esterno, mentre lo Stato non riesce a supplire adeguatamente alle esigenze dei reclusi. A Rio de Janeiro, la Pastorale penitenziaria ha ricevuto la notizia che sono stati incrementati i turni delle infermerie per compensare la mancanza di medici, visto l’aumento di persone con problemi respiratori, ma senza la quantità necessaria di farmaci e attrezzature per il trattamento.

Rischio di cure sommarie

Sempre dalle famiglie, in forma anonima, è arrivata ai vescovi della Pastorale carecraria la segnalazione che ci sarebbero almeno 300 detenuti che presentano sintomi simili a quelli causati dal virus. Tuttavia, questo non viene trattato: "Danno uno sciroppo per chi ha la tosse, una medicina per il dolore e dicono che passerà", denunciano i parenti.

Razionamento dell'acqua

Tra le altre denunce arrivate alla Pastorale carceraria del Brasile c’è il razionamento dell'acqua e la diminuzione delle ore trascorse fuori dalle celle: "In questo momento, i detenuti sono sempre più spesso rinchiusi nelle loro celle, senza il diritto di ricevere una dose giornaliera di luce solare, senza il diritto di camminare per più di 1 metro, senza il diritto di esistere per più di 50cm²", sottolinea l'articolo.

Mancanza di informazioni

Inoltre i familiari sono preoccupati per la mancanza di notizie e di informazioni: "Di fronte a questa pandemia che sta affliggendo il mondo intero, come stanno realmente i nostri parenti?”, domandano. La Pastorale penitenziaria, nonostante la sua azione limitata in questo momento a causa della quarantena stabilita e del divieto di visite, si è comunque mantenuta accanto alle famiglie, raccogliendo materiale per i detenuti che però non viene loro recapitato: "In questo momento in cui le porte sono limitate al nostro ingresso, più che mai le nostre preghiere saranno la nostra forza”, si legge.

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26 marzo 2020, 14:00