XIII Giornata mondiale delle malattie rare XIII Giornata mondiale delle malattie rare 

Malati rari: siamo tanti, forti, fieri e vogliamo equità

Nella Giornata mondiale delle malattie rare 2020 si riflette su come garantire adeguate cure, sostenere la ricerca e valorizzare il potenziale umano di questi pazienti.

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

“Siamo!” è il motto della Giornata mondiale delle malattie rare 2020, celebrata oggi in oltre 100 Paesi. Si stima che siano nell’intero pianeta circa 300 milioni le persone colpite da oltre 6 mila malattie rare, censite dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Vale a dire come la terza nazione più grande al mondo. In massima parte, oltre il 70 per cento sono patologie di origine genetica, spesso croniche e mortali, che si manifestano già nell’infanzia.

30 milioni in Europa, quasi 800 mila in Italia

La definizione di rarità, riferito al tasso di diffusione, differisce però da Paese a Paese. Nell’Unione Europea, dove si definisce rara una malattia che interessa meno di 1 individuo su 2000, si ipotizza siano 30 milioni i cittadini colpiti. In Italia i malati registrati sono 780 mila, secondo l’ultimo Rapporto dell’Osservatorio “MonitoRare”, ma si ipotizza possano arrivare ad 1 milione e 200 mila.

Equità nelle cure e pari opportunità per i malati rari

La Giornata delle malattie rare è stata volutamente indetta in un giorno raro, il 29 febbraio, che capita ogni 4 anni, festeggiata la prima volta nel 2008 e da allora fissata l’ultimo giorno di questo mese anomalo nel calendario ordinario. Tema chiave di riflessione per questa XIII edizione è la parola “equità”, scelta per promuovere le pari opportunità in ogni ambito per questi malati, fortemente penalizzati, come spiega Simona Bellagambi membro del direttivo di Eurordis, l’Organizzazione europea per le malattie rare nata nel 1997, riferimento di oltre 800 associazione attive in 70 Paesi, nei cinque continenti, a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie:

Ascolta l'intervista a Simona Bellagambi

R. - L'equità significa proprio eliminare qualsiasi barriera che possa impedire alle persone che vivono con una malattia rara di partecipare appieno nella società. Spesso le persone che vivono con una malattia rara vengono individuate per le loro disabilità, ma non per quello che possono apportare nella società.

Nel ‘93 la Commissione Europea ha dichiarato le malattie rare una priorità di sanità pubblica. Sono passati dunque oltre 25 anni da allora. A che punto siamo?

R. - Sicuramente le malattie rare sono una priorità di sanità pubblica, non solo a livello europeo, ma a livello mondiale, tanto che le Nazioni Unite hanno inserito le malattie rare nella loro Dichiarazione di copertura sanitaria globale. È chiaro che poi a queste dichiarazioni estremamente importanti, devono seguire delle azioni in tutti i Paesi. Questo vuol dire, ovviamente, che si deve supportare da una parte la ricerca e lo sviluppo di trattamenti che sono sempre più possibili - ma sicuramente prevedono un grande investimento per dare una speranza alle tante persone che nel mondo vivono una malattia rara -, e dall’altra ci devono essere azioni che prevedano un approccio olistico; la persona deve essere vista nel suo insieme. Quindi avere delle azioni che facilitino l'inserimento lavorativo, scolastico e nella società di queste persone; questo sarebbe un beneficio non solo per le persone che vivono con una malattia rara e per le loro famiglie, ma anche per l’intera società.

Eurordis nasce in Europa: quali sono i Paesi più avanzati e quelli invece più indietro sul piano operativo a sostegno dei malati rari?

R. - Tutti i Paesi europei sono dotati di un Piano nazionale che prevede delle azioni concrete, che derivano sempre da raccomandazioni europee. Però è vero che purtroppo questi documenti potrebbero essere soltanto teorici, se non ci fosse uno sforzo quotidiano e continuo da parte nostra. Per cui è chiaro che l'equità, anche all'interno dei Paesi europei, non è ancora pienamente raggiunta; parlo di accesso per esempio a cure e trattamenti, ma anche ad un'assistenza di buon livello.

Oggi ci sono diversi farmaci che prima non esistevano, ma l'accesso per i pazienti è molto disomogeneo da Paese a Paese. Non si possono ipotizzare dei prezzi calmierati, almeno per tutti i Paesi dell'Unione Europea?

R. - Lei ha toccato un tasto molto sensibile. Sicuramente, nonostante la ricerca non sia mai sufficiente per noi, soprattutto quella pubblica, si stanno facendo dei grandi avanzamenti nelle cure. Quelle che al momento stanno arrivando sul mercato, e arriveranno nei prossimi anni, sono quelle che vengono definite ‘terapie avanzate’, che hanno il potenziale di poter agire andando a modificare i geni che hanno portato alla malattia e quindi sarebbero risolutive. Parliamo di un numero minimo, per il momento, di terapie in grado di fare questo. Ma sono terapie che presentano grosse sfide ai Sistemi sanitari nazionali in tutto il mondo, perché sono terapie che vengono fornite in una sola volta - magari ripetuta in qualche caso a distanza di anni - che hanno un costo estremamente elevato. Eurordis nel frattempo si fa promotore di un dialogo fra tutti gli attori in gioco - dalle aziende farmaceutiche, agli enti regolatori europei, agli Stati membri che ovviamente devono occuparsi della sostenibilità del loro Sistema sanitario, includendo i pazienti ovviamente -, in modo che si riesca a mettere sul tavolo quelle che sono le legittime richieste di ognuno di questi attori, ma anche le reali possibilità, affinché si possano trovare delle modalità e dei modelli per rendere accessibili queste nuove terapie al maggior numero possibile di pazienti.

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29 febbraio 2020, 08:14