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La teca con la Bibbia di don Andrea Santoro, trapassata da uno dei proiettili che uccise il sacerdote La teca con la Bibbia di don Andrea Santoro, trapassata da uno dei proiettili che uccise il sacerdote

Don Andrea Santoro nel ricordo della sorella: visse in trasparenza di Cristo

Il 5 febbraio 2006 veniva ucciso in Turchia don Andrea Santoro. Era raccolto in preghiera con la Bibbia in lingua turca tra le mani, che fu trapassata da uno dei proiettili. Il ricordo della sorella Maddalena e la celebrazione eucaristica stasera a Roma a Santa Croce in Gerusalemme

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Un uomo che prestò la sua carne a Gesù. È il ricordo di don Andrea Santoro nelle parole della sorella Maddalena, nel 14.mo anniversario della morte del sacerdote fidei donum della diocesi di Roma e missionario in Turchia, ucciso da un giovane il 5 febbraio 2006 nella chiesa di Santa Maria a Trabzon mentre pregava con la Bibbia in lingua turca tra le mani, trapassata da uno dei proiettili che lo avevano colpito alle spalle.

Celebrazione a Santa Croce in Gerusalemme

Questa sera a Roma, alle 19.00 a Santa Croce in Gerusalemme, la celebrazione eucaristica in ricordo del missionario italiano, presieduta da mons. Gianpiero Palmieri, vescovo ausiliare per il settore est. Maddalena Santoro, fondatrice ed animatrice dell'Associazione intitolata a don Andrea, ricorda la testimonianza di fede del fratello, “un uomo tenace”, un sacerdote “in trasparenza di Cristo”, racconta. La sorella maggiore di don Andrea, nato a Priverno, in provincia di Latina, nel 1945, ricorda che il missionario diceva di essere in Turchia “per dare a Cristo il proprio corpo, perché Lui fosse presente”. Parenti, amici, parrocchiani, assicura la professoressa Santoro, “lo ricordano per il suo invito a tutti i cristiani a non abbandonare la Parola di Dio” e anche per “l’apertura verso chiunque, per aiutare chi ha maggiormente bisogno: a volte persone in difficoltà economica, a volte persone in difficoltà di relazioni familiari, a volte persone in difficoltà per relazioni sociali non corrette. Ma lui diceva di non abbandonare nessuno perché ognuno ha diritto all’accoglienza per poter superare la propria situazione e tentare una via migliore” (Ascolta l'intervista a Maddalena Santoro).

Porte sempre aperte

La sua pastorale era appunto quella dell’“accoglienza per tutti”, senza distinzione. Per questo le porte della sua chiesa, in Italia come in Turchia, erano sempre aperte. Non c’è una “definizione univoca” di chi venisse accolto, spiega Maddalena Santoro: non si può parlare di “drogati, separati, prostitute, carcerati”. “Per esempio nella parrocchia romana di Gesù di Nazareth, fondata da don Andrea nel 1981, i vicini che avevano più bisogno - ricorda - erano i carcerati, le loro famiglie, poi all’epoca circolava tanta droga nella zona e i genitori venivano disperati in piena notte a dire a don Andrea: ‘Vieni con noi a cercare nostro figlio, nostra figlia’. E don Andrea andava con loro”. “Poi quando andò alla parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio c’erano altre situazioni, c’erano più stranieri. E allora c’è una bellissima lettera in cui, in occasione del Natale, don Andrea scrisse loro: ‘siete qui, nel nostro territorio, non abbiate paura, noi siamo qui per accogliervi e stabilire una fratellanza, una fraternità’”.

Un dono d’amore

In un’udienza generale del 2015, Papa Francesco pregò affinché l’esempio di uomini come don Santoro potesse sostenerci “nell’offrire la nostra vita come dono d’amore ai fratelli, ad imitazione di Gesù”. In una preghiera, ritrovata tra le tante dai familiari nel diario del sacerdote, don Santoro ricorda un pellegrinaggio al Calvario, in Terra Santa. A ricordare le sue parole ancora la sorella: “Sono certo di essere amato, sono certo che tutti sono amati, sono certo che debbo solo amare: tutti indistintamente, sempre, in ogni luogo, comunque”, per poi concludere: “Muori e basta, agnello muto. Morire e basta: agnello muto anche io. Mi ami, ora lo so davvero. Amare, solo ora lo so davvero”. In questa preghiera, sottolinea Maddalena Santoro, “l’amore è messo al primo posto”, come in tutta la sua esistenza, fino al sacrificio. “Quando gli chiedevano il perché si trovasse in Turchia, lui rispondeva: ‘sono qui per abitare in mezzo a questa gente e permettere a Gesù di farlo prestandogli la mia carne’. Questo dire ‘prestare la carne a Gesù’ è - prosegue la sorella - il significato ultimo della sua presenza lì. Quando è stato ucciso, aveva la Bibbia tra le mani, che poi è stata attraversata dal proiettile che lo aveva colpito alle spalle, uscendo dal suo corpo. Man mano che è passato il tempo, ci siamo resi conto che era come un segno che questo suo ‘prestare la carne a Gesù’ si era realizzato non soltanto con la presenza fisica, sul luogo, ma con la sua carne, anche nella morte”.

Carne e sangue

Quella stessa Bibbia è stata poi ritirata dai familiari presso la Polizia turca e ora è in Italia. “Come familiari abbiamo regalato tutto alla diocesi di Roma, che a sua volta ha donato la Bibbia alla parrocchia Gesù di Nazareth, perché ne era stata fatta richiesta”. Proprio quest’anno, il 22 gennaio, in una celebrazione presieduta dal cardinale Angelo De Donatis nel corso della settimana per l’Unità dei cristiani “la Bibbia è stata esposta in parrocchia e - assicura Maddalena Santoro - resterà in una teca per chiunque voglia semplicemente vedere come essa stessa sia carne e sangue”.

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05 febbraio 2020, 15:07