Eutanasia, Suicidio assistito Eutanasia, Suicidio assistito 

Canada. Vescovi contrari all’ampliamento dei criteri per accedere all’eutanasia

In una lettera il presidente della Conferenza episcopale, monsignor Gagnon, chiede di tutelare la vita e di promuovere le cure palliative. La Chiesa canadese ricorda inoltre che sono i soggetti soli ed emarginati i più propensi a chiedere il suicidio assistito

Isabella Piro – Città del Vaticano

Fa discutere, in Canada, la consultazione lanciata dal governo per ampliare i criteri di ammissibilità a eutanasia e suicidio assistito. In particolare, secondo la proposta, tali pratiche potrebbero essere estese anche agli adolescenti gravemente malati e alle persone non in grado di intendere e di volere, ma che in passato hanno manifestato una richiesta simile. Ferma e netta la posizione della Chiesa cattolica, in difesa della vita: in una lettera indirizzata al primo ministro, Justin Trudeau, e firmata dal presidente della Conferenza episcopale canadese, Monsignor Richard Gagnon, si sottolinea che uccidere direttamente una persona o partecipare al suo suicidio sono atti che “non possono essere mai giustificati”.

Vescovi esortano ampia riflessione

Per questo, si esorta il governo canadese a “intraprendere una riflessione più ampia, approfondita, imparziale e prolungata sulla questione, al fine di garantire che tutti i fattori pertinenti – sociali, medici e morali – siano attentamente e accuratamente considerati”. Forte anche l’appello dei vescovi ad attuare pienamente e rendere accessibili le cure palliative, in quanto offrono “l'unica alternativa rispettosa, completa ed etica al problema". Esse, infatti, rappresentano un trattamento “umano perché ancorato al riconoscimento del fatto che la vita ha un valore oggettivo al di là delle nostre libere scelte”. In particolare, Monsignor Gagnon mette in guardia dai rischi che le nuove pratiche potrebbero provocare, come l’eutanasia per persone depresse, per i bambini e gli anziani: “Sono rischi scioccanti e inquietanti che non hanno posto in nessuna società”, si legge nella missiva. Al contrario, si esorta a guardare alla vita come ad “un dono”, da sostenere di fronte “alla vulnerabilità e alla sofferenza fisica, emotiva e spirituale”.

La consultazione popolare

Quanto al metodo scelto dal governo, ovvero quello della consultazione popolare, il presule afferma che “è inopportuno e superficiale usare un sondaggio per affrontare gravi questioni morali riguardanti la vita e la morte”, per di più in un lasso di tempo di sole due settimane, “del tutto insufficienti per studiare la questione”. La consultazione, inoltre, non tiene conto di molti fattori che possono influenzare la richiesta di eutanasia e suicidio assistito da parte di una persona, come “solitudine, isolamento, mancato supporto della famiglia o della comunità, crisi fisica o psicologica”. Tali fattori andrebbero, invece, considerati per comprendere la vulnerabilità di un paziente, “sottoposto a pressioni o costretto a scegliere” di voler morire.

L’importanza della famiglia e cura palliative

In quest’ottica, la missiva episcopale ricorda l’impegno della Chiesa “nell’accompagnamento dei malati”, un impegno che coinvolge “parrocchie e istituzioni sanitarie cattoliche” in prima linea per aiutare “tutti coloro che non vedono alcuna ragione per andare avanti” e necessitano di “sostegno, difesa e protezione”, ovvero di tutto ciò che “il governo sta cercando di eliminare”. Inoltre, la Chiesa canadese sottolinea come “i pazienti siano più propensi a chiedere l’eutanasia e il suicidio assistito quando il loro dolore non è gestito adeguatamente dalle cure palliative o quando vengono socialmente emarginati”. Di qui, l’appello ad incrementare tale tipo di cure, insieme alla “presenza amorevole della famiglia, il sostegno della comunità e ad un sistema sanitario efficace ed accessibile”.

Puntare sull’ascolto

Altro punto focale evidenziato dalla Conferenza episcopale di Ottawa è quello dell’ascolto: per ottenere “uno studio che sia più rigoroso, imparziale e prolungato” su questo tema, vanno coinvolte tutte le parti in causa: i genitori di figli affetti da malattie mentali; gli operatori sanitari obiettori di coscienza; gli anziani malati abusati dai loro assistenti; i professionisti della salute mentale. Suggerita anche l’analisi del tessuto sociale di Paesi come il Belgio e l’Olanda, in cui l’accesso all’eutanasia è già stato ampliato.

Medici contrari all’eutanasia

Infine, i vescovi canadesi evidenziano di non essere soli nella lotta all’eutanasia ed al suicidio assistito: l’Associazione Medica Mondiale, ad esempio, ha recentemente riaffermato la sua opposizione a tali pratiche, ribadendo “il forte impegno verso i principi dell’etica medica e il massimo rispetto della vita umana”. Inoltre, le organizzazioni di cure palliative, tra cui la Canadian Hospice Palliative Care Association e la Canadian Society of Palliative Care Physicians hanno rifiutato l'eutanasia e il suicidio assistito come parte delle cure palliative, osservando che sono "fondamentalmente diverse" anche per quanto riguarda “la filosofia, l'intenzione e l'approccio" con cui vengono praticate.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

03 febbraio 2020, 17:01