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Sfollati in Turchia Sfollati in Turchia

Terremoto in Turchia, Bizzeti: situazione grave e difficile ma c'è grande solidarietà

Coperte, vestiti invernali, stufe e soprattutto acqua e cibo: è ciò di cui ha bisogno la gente in Turchia nei villaggi più colpiti dal violento sisma del 24 gennaio. Il vicario apostolico dell’Anatolia: in questi momenti si sperimenta quanto sia importante l’unione tra le diverse Chiese di Oriente e Occidente

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

Mentre la terra continua a tremare è stato estratto poche ore fa l’ultimo corpo rimasto sotto le macerie dopo il terremoto di magnitudo 6.8 che venerdì sera ha colpito la provincia orientale turca di Elazig. A riferirlo è la protezione civile di Ankara, che ha così aggiornato a 41 vittime il bilancio del sisma. Le persone che hanno ricevuto cure in ospedale sono state invece 1.607 e tra queste 84 risultano ancora ricoverate. L’area più colpita è la provincia di Elazig, nell’Est della Turchia, ma le continue e ripetute scosse hanno coinvolto un territorio molto più ampio, che comprende le città di Diyarbakır, Adıyaman, Batman, Kahramanmaraş e Şanlıurfa. Le autorità locali sono intervenute tempestivamente e stanno gestendo tutte le operazioni di soccorso.

Caritas Turchia e la Caritas diocesana di Anatolia si sono attivate immediatamente, recandosi sul posto e cercando di capire quali azioni intraprendere a supporto delle persone più fragili, in coordinamento con le autorità e le realtà locali. Da oggi anche Caritas Italia ha deciso di mandare il suo contributo sperando di raggiungere quanti più sfollati possibile. Il lavoro di ricognizione non è facile considerata la lontananza della zona da Istanbul e la difficoltà di raggiungere le aree colpite più periferiche, zone che al momento stanno ospitando migliaia di profughi, in particolare siriani. A Vatican News, la testimonianza di monsignor Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell'Anatolia e presidente di Caritas Turchia

Ascolta l'intervista a mons. Bizzeti

R. - Abbiamo subito mandato una persona di Caritas Anatolia a vedere la situazione soprattutto nei villaggi che in questi casi sono quelli dove arrivano meno aiuti, per per ovvi motivi. Abbiamo visto che ci sono parecchi villaggi quasi rasi al suolo, con parecchie case distrutte e quindi stiamo vedendo in questa fase di capire cosa possiamo fare in accordo con le forze governative che finora si sono mosse molto bene, con grande abbondanza di mezzi, per cui direi che la situazione è grave e difficile, soprattutto perché si tratta di cittadine situate ad oltre 1000 metri di altezza e inoltre c’è il freddo polare dell’inverno che rende tutte le operazioni più complesse. Però ripeto il governo turco si è mosso con grande tempestività. Dal punto di vista delle vittime possiamo dire che ancora non sono finiti gli scavi però parliamo di oltre 1600 feriti e oltre 40 morti.

Sappiamo che al fianco di Caritas Anatolia c’è anche Caritas Italiana che si sta muovendo con l’invio di aiuti, ma concretamente che cosa serve alla popolazione?

R. - Sì esattamente, stiamo collaborando con Caritas Italiana e stiamo cercando di elaborare un progetto per portare i primi indispensabili aiuti alla popolazione. Servono soprattutto vestiti, coperte, cibo e acqua e attrezzature per riscaldarsi. E’ importante elaborare un progetto perché in alcune zone non c’è necessità, in altre zone stiamo cercando di capire di cosa esattamente c’è bisogno proprio per non sommergere la popolazione di cose inutili e non muoverci in modo scomposto o sovrapposto ad altri.

Oltre agli aiuti materiali immagino che gli operatori di Caritas stiano portando anche la vicinanza spirituale della Chiesa…

R. – Sì abbiamo mandato una persona a nome di Caritas Anatolia e a breve manderemo anche altre persone per portare questa vicinanza materiale, ma anche spirituale, affettuosa, umana. Noi sentiamo vicini Madre Chiesa ed è proprio in questi momenti che si sperimenta quanto sia importante l’unione tra le diverse Chiese di Occidente e di Oriente sparse sul territorio…

Eccellenza, certamente la Turchia in questo momento ha bisogno di un aiuto più concreto e immediato, ma non vogliamo dimenticare la Siria…

R. -  Sì, vorrei soltanto ricordare che nel Nord della Siria ci sono decine di migliaia di persone, al freddo, fuori casa da anni e quindi rimane importante che si sblocchi la situazione, lo stallo sul piano politico, perché è ancora la popolazione più semplice e più povera che paga le conseguenze di questa guerra infinita.  

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28 gennaio 2020, 13:55