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Crisi in Ecuador, Chiesa pronta a collaborare per porre fine alle tensioni

L’Ecuador è teatro, da giovedì scorso, di dure proteste contro le restrittive misure varate dal governo per rilanciare l’economia. Intervista con il presidente della Conferenza episcopale del Paese latinoamericano, monsignor Eugenio Arellano Fernández

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

La situazione in Ecuador è sempre più grave. Dopo giorni di proteste, scioperi e blocchi stradali, il presidente Lenin Moreno ha annunciato il trasferimento del suo governo dalla capitale Quito nella città costiera di Guayaquil. La decisione precede di qualche ora l’inizio, domani a Quito, di un imponente corteo al quale è prevista la partecipazione di oltre 20 mila indigeni. Alla protesta hanno aderito anche sindacati, movimenti di studenti e alcuni partiti dell’opposizione.

Proteste legate all’aumento del prezzo della benzina

A scatenare le manifestazioni è stato l’aumento del prezzo del carburante, dopo la decisione del capo di Stato, di eliminare il contributo statale sia sulla benzina sia sul diesel. I primi a protestare contro l’eliminazione di questi sussidi statali sono stati tassisti e autotrasportatori. In seguito, si sono aggiunti studenti e, soprattutto, gruppi che rappresentano la popolazione indigena. 

Pesante il bilancio delle proteste

In poco meno di una settimana di proteste sono morte due persone. Secondo fonti givernativi, sono stati arrestati oltre 600 dimostranti.  Ieri, centinaia di indigeni hanno fatto irruzione nel Parlamento prima di essere respinti dalla polizia con l'uso dei lacrimogeni. Poco dopo, il presidente Moreno ha ordinato il coprifuoco nella zona vicina agli edifici governativi e ad altre strutture strategiche. Questo provvedimento, si legge nel decreto del governo, resterà in vigore “finché durerà lo stato di emergenza e secondo le necessità stabilite dal ministero dell'Interno”.

Vescovi disposti a collaborare

La Chiesa dell’Ecuador ha subito manifestato la propria disponibilità a collaborare per risolvere le attuali tensioni sociali. "Siamo aperti - si legge in una nota dei vescovi della Conferenza episcopale - ad ogni proposta che le parti decidano conveniente e opportuna nei termini giusti”. “Siamo per il dialogo sereno e rispettoso – si legge ancora nel documento - per consentirci di continuare a lavorare per la giustizia e la solidarietà che il nostro popolo si aspetta dalle autorità governative e da tutti gli attori sociali e politici”.

Il presidente dei vescovi dell’Ecuador: dal Fmi condizioni umilianti

Intervistato da Sofia Lobos di Vatican News, il presidente della Conferenza episcopale dell’Ecuador, monsignor Eugenio Arellano Fernández, si sofferma sulla crisi nel Paese latinoamericano:

Intervista a mons. Eugenio Arellano Fernández

Se trata de una situación que estaba contenida y reprimida…

R. - Quella attuale è una situazione da molto tempo contenuta e repressa. Per gran parte dell’opinione pubblica, il precedente governo aveva a disposizione molte risorse da destinare ad opere faraoniche ma gran parte di quel denaro si è perso a causa della corruzione. C’è stato poi un passaggio da un governo con alcuni tratti dittatoriali ad un esecutivo più 'permissivo'. Ed ora si può vedere la reazione del popolo che si organizza per manifestare, cosa che prima non poteva fare. Tutto questo si è unito ad una situazione di penuria economica: il governo non dispone di risorse. Se può andare avanti, è grazie al credito concesso dal Fondo monetario internazionale, che pone però condizioni a volte umilianti e molto restrittive per i Paesi poveri. Tra queste, l’eliminazione dei sussidi alle risorse naturali. Un provvedimento per il quale la popolazione non era pronta.

Quale è il suo messaggio di speranza rivolto alla popolazione dell’Ecuador?

R. - Credo che il popolo dell'Ecuador abbia una grande vocazione per la pace. Non è un popolo violento, è un popolo pacifico. Dico agli abitanti dell'Ecuador di andare avanti con quell'amore per la pace che si rafforza nelle case e nelle famiglie.

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09 ottobre 2019, 13:49