Un momento di preghiera a Taizé Un momento di preghiera a Taizé

A Taizé giovani musulmani e cristiani. Federico: "Incontrarsi fa cadere muri"

A Taizé è in corso il fine settimana dell'amicizia tra giovani musulmani e cristiani dai 18 ai 35 anni: tre giorni di preghiera, seminari, riflessioni sul documento di Abu Dhabi sulla fratellanza e sul tema dell'ospitalità. Abbiamo intervistato Federico Rossi, volontario che sta partecipando al weekend

Eugenio Murrali - Città del Vaticano

L'incontro è un momento di creatività e conoscenza che produce pace. Ascoltando chi sta partecipando al fine settimana dell'amicizia tra giovani musulmani e cristiani, organizzato dalla Comunità di Taizé, appare evidente che la condivisione e il dialogo sono processi generativi, capaci di creare armonia e scalfire il pregiudizio.   

Preghiera e riflessione

Ieri i partecipanti hanno potuto riflettere insieme e confrontarsi sul Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato lo scorso 4 febbraio da Papa Francesco e dal Gran Imam Ahmad Al-Tayyib di Al-Azhar ad Abu Dhabi. L'incontro è stato condotto dall'Imam Mohamed-Soyir Bajrafil di Parigi e da un sacerdote di Lione, padre Christian Delorme. Oggi si parla di ospitalità sotto la guida dell'Imam Mohamed Bachir Ould Sass e di un sacerdote di Marsiglia, padre Christophe Roucou. Le giornate sono scandite da momenti di preghiera e da quelli di convivialità. Tutti possono partecipare - alle 8:15, alle 12:20 e alle 20:30 nella Chiesa della riconciliazione - alle preghiere dei fratelli della Comunità di Taizé, composte da canti meditativi. I giovani musulmani pregano in spazi allestiti appositamente per loro, ma ai cristiani è permesso assistere. 

Un clima di semplicità 

Per Federico Rossi, volontario e partecipante al fine settimana, la parola chiave di queste giornate di condivisione tra giovani musulmani e cristiani è "semplicità", una semplicità che però sorprende, perché è diventata inusuale nel clima contemporaneo delle relazioni internazionali e tra i popoli. Le giornate a Taizé aiutano a guardare "all'essenziale", ci ha spiegato Federico, e a comprendere di essere più simili che diversi.

Ascolta l'intervista a Federico Rossi

Che atmosfera si sta respirando in questi giorni a Taizé?

R. – C’è un clima molto semplice, molto sereno. Ogni tanto, incontrare persone diverse da noi, di un’altra nazionalità o di un’altra fede religiosa, può in un primo momento spaventare, ma poi, in realtà, quando ci si incontra ci si accorge di quanto si sia anche simili: c’è un’umanità comune …

Ci sono stati momenti di scambio, al di là di quelli organizzati?

R. – Nel mio piccolo gruppo di condivisione siamo in otto e ci sono due musulmani, ed è stato interessante notare come tutti i membri del mio gruppo abbiano più difficoltà nella convivenza o nell’incontrare persone atee rispetto a persone di altre fedi religiose. Abbiamo notato che tra le persone che incontriamo, e che hanno altre fedi religiose, c’è una certa sensibilità, un certo rispetto, una certa comprensione …

Si è parlato del documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune...

R. – Se uno approfondisce, si accorge che veramente il nocciolo e le fondamenta tra musulmani e cristiani sono comuni. Se uno va all’essenziale, non ci divide nulla: questo è quello che sorprende. Io, personalmente, non lo conoscevo questo documento e mi ha colpito molto il fatto che siamo uniti da tantissime cose. Dal considerarci figli dello stesso Dio, e quindi fratelli; all’attenzione agli ultimi; al desiderio di una pace universale, di incontrarsi, di rispettarsi, di ascoltarsi e di imparare gli uni dagli altri. Tante persone, sia cristiani sia musulmani, hanno condiviso il fatto di avere ritrovato, riscoperto o approfondito la loro fede incontrando persone di fede diversa. E questo è molto interessante. Per esempio, nel mio gruppo una ragazza ha raccontato di aver ritrovato la propria fede in Cristo venendo accolta in una famiglia musulmana.

Cosa resta di questo weekend a chi ha partecipato?

R. – Quando ci si incontra, cadono molto, molto velocemente muri, pregiudizi, strane idee o magari proiezioni… La semplicità dell’incontrarsi è anche dovuta a questi momenti di condivisione in gruppi, con persone così diverse da me, che personalmente mi hanno molto toccato, perché mi hanno fatto interrogare sull’essenziale della mia fede. Dovendo infatti spiegare a persone così diverse, sei obbligato a interrogarti, a dire: “Ma, in fondo, io in cosa credo? Se dovessi spiegare a queste persone che non conoscono, o conoscono poco e niente, della mia fede, io cosa direi loro? Cosa mi verrebbe da condividere?”. E quindi, sì, penso questo: restano la semplicità e il fatto che l’incontro con il diverso ti spinge ad andare all’essenziale.

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24 agosto 2019, 15:03