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Dal Ponte della Libertà di Budapest una preghiera per l’Ungheria e per l’Europa

Duemila persone, ungheresi e non solo, hanno partecipato a Budapest alla Messa celebrata domenica scorsa sul Ponte della Libertà, che attraversa il Danubio. Intervista di Vatican News al segretario generale della Conferenza episcopale ungherese, mons. Tamás Tóth

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Un ponte gremito di gente, duemila persone riunite a pregare “insieme per la patria e per l'Europa”, perché “se siamo cristiani” la nostra missione è anche quella di essere “costruttori di ponti”. Questa la Santa Messa celebrata domenica scorsa a Budapest, in Ungheria, sul centralissimo Ponte Szabadság, il Ponte della Libertà, nel racconto a Vatican News di mons. Tamás Tóth, segretario generale della Conferenza episcopale ungherese.

La costruzione a fine ‘800

Costruito sul Danubio nell'ambito dell'Esposizione Universale del 1896, il Ponte della Libertà è lungo oltre 300 metri per 20 di larghezza, unendo le due anime della città, Buda e Pest. Trasformato in zona pedonale per i week end estivi, con un fitto programma di eventi culturali, per la prima volta ha ospitato una celebrazione eucaristica, officiata dal padre gesuita Szabolcs Sajgó.

La testimonianza

Una occasione, spiega ancora mons. Tóth, per “essere liberi in Cristo” nella “cattedrale più bella che esista”, sulle acque del Danubio.

Ascolta l'intervista a mons. Tamás Tóth

R. – Già da qualche anno è diventata una tradizione: in estate diventa zona pedonale il Ponte della Libertà, che secondo me è il più bello di Budapest, situato nel centro della città, e che collega i due lati, Buda e Pest: Pest è su una pianura, mentre Buda si trova su un monte. In estate, nel fine settimana, il Ponte che ha più di 100 anni diventa così un luogo di incontro per la gente, per gli abitanti di Budapest e non solo. Quest’anno c’è stata l’idea di celebrare una Santa Messa sul Ponte. La natura che c’è al di sotto, con il fiume Danubio, e il bellissimo panorama costituiscono la cattedrale più bella che esista. Così, i padri gesuiti di Budapest hanno organizzato la Messa, a cui hanno partecipato giovani, fedeli, abitanti di Budapest e anche turisti, pregando insieme per la patria. L’arcivescovo di Esztergom-Budapest, il card. Peter Erdő, ha salutato con un messaggio i partecipanti, auspicando che l’iniziativa abbia un futuro e diventi presto una tradizione.

Dal punto di vista storico, quale rilevanza ha avuto celebrare la Messa sul Ponte della Libertà?

R. – Prima della Seconda Guerra Mondiale, il ponte si chiamava Ponte di Francesco Giuseppe, in onore dell’imperatore. Poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il nome del Ponte è cambiato, per diventare negli anni il Ponte della Libertà. Celebrare lì significa che noi cristiani vogliamo essere liberi in Cristo: anche questo è un bel significato che sta dietro l’iniziativa. Noi, come Chiesa ungherese, abbiamo sofferto molto durante il comunismo: non era mai o quasi mai possibile celebrare una Messa in una piazza o in un luogo pubblico. Era proibito a sacerdoti e fedeli appoggiare l’idea di celebrazioni in pubblico: finivano per essere portati nelle stazioni di polizia. Adesso, trent’anni dopo, è una bella cosa il fatto che possiamo liberamente celebrare, non solo dentro le chiese.

Durante la celebrazione è stato sottolineato lo sguardo verso la Cappella della Grotta e verso la statua di Santo Stefano, re d’Ungheria. Perché?

R. – La Cappella della Grotta è situata su una collina che porta il nome di San Gerardo, un padre benedettino di Venezia vissuto nel periodo del primo Re di Ungheria, Santo Stefano: proprio in quel luogo avvenne il suo martirio, mille anni fa. Per noi ungheresi, la Cappella della Grotta, in quella montagna che è al centro di Budapest, è un posto che ricorda gli inizi del nostro cristianesimo.

Cosa l'ha colpito della Messa sul Ponte della Libertà, così importante per la città?

R. - Il celebrante principale era il padre gesuita Szabolcs Sajgó, che ha tenuto anche l'omelia. Ha spiegato il perché del celebrare lì: perché - ha detto - non siamo solo passeggeri sul ponte, ma diventiamo noi stessi costruttori di ponti, secondo quanto più volte sottolineato da Papa Francesco.

Quindi c'è stato un riferimento all'invito del Papa, in un'epoca di muri, a costruire ponti?

R. - Assolutamente sì, proprio le parole del Santo Padre ci incoraggiano a diventare anche noi costruttori di ponti. Noi cristiani dobbiamo capirci, intenderci e anche questa Santa Messa, questa preghiera insieme per la patria e per l'Europa, può essere una bella occasione per conoscerci un po' meglio.

In un'Europa come quella di oggi è possibile costruire ponti?

R. - Se siamo cristiani, discepoli di Cristo, dobbiamo cercare di farlo: sempre c'è la possibilità, dappertutto.

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02 agosto 2019, 13:38