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Sfollati interni a Beira Sfollati interni a Beira 

Mozambico: è sempre emergenza umanitaria a un mese dal ciclone Kenneth

"Speranza, pace e riconciliazione”, questo il motto scelto per la visita apostolica del Papa in Mozambico prevista a settembre. Intanto nel Paese la situazione è gravissima tra case ancora scoperchiate e malnutrizione. “Gli aiuti che arrivano sono insufficienti” spiega mons. Dalla Zuanna, vescovo di Beira.

Matteo Petri – Città del Vaticano

“Le parole del Papa hanno una grande eco nei cuori di tutti noi, perché ci incoraggeranno a superare con coraggio i traumi causati dalla tragica devastazione dei cicloni tropicali, e per affrontare con fede e speranza la difficile situazione nella quale vive la popolazione”. Così i vescovi del Mozambico con un messaggio rivolto a Papa Francesco, che visiterà questo Paese nel mese di settembre.

Il difficile contesto nazionale

Quattro settimane fa il ciclone Kenneth abbandonava il Mozambico lasciandosi dietro distruzione se possibile ancor più grande di Idai, che già a marzo devastò questo Paese. Su tutte la provincia più colpita dai due cicloni è stata quella di Sofala e la sua capitale, Beira. Per capire qual è la situazione nel martoriato Paese africano, abbiamo raggiunto telefonicamente a Beira il vescovo della città mons. Claudio Dalla Zuanna

Ascolta l'intervista a mons. Claudio Dalla Zuanna

R. - La città è tornata a una parvenza di normalità, solo nei quartieri residenziali e commerciali, perché è stata ripulita dai detriti e dagli alberi caduti. Il mese di maggio è stato un mese senza piogge e quindi questo ha permesso di recuperare una certa sensazione di normalità. Ma basta alzare un po’ la testa per vedere che la maggior parte delle case è ancora scoperchiata, i tetti non sono stati ricostruiti. Solo nella zona residenziale della città si vedono dei lavori di ricostruzione. In questo momento sta arrivando del materiale da ricostruzione, ma non ancora in misura sufficiente alle necessità che abbiamo. Nei quartieri di periferia non è stato ancora iniziato nessun lavoro; le persone hanno cercato di ricostruire qualcosa, raccogliendo del materiale provvisorio, ma non è ancora partita una vera ricostruzione. Anche perché in periferia, oltre alla mancanza di risorse, non si sa come e dove ricostruire. In questi quartieri non c’è un piano regolatore, non c’è una rete fognaria e quindi per la ricostruzione ci vorrà ancora molto tempo.

Quali sono quindi le emergenze più gravi?

R. – Le emergenze più gravi sono due. La situazione alimentare, nel senso che anche le persone delle città contavano sui raccolti delle campagne, che invece sono stati distrutti dal passaggio dei due cicloni e il prossimo raccolto ci sarà soltanto a marzo del prossimo anno. Quindi c’è la preoccupazione di riuscire a far fronte a tutti questi mesi. L’altra emergenza è quella abitativa. Verso novembre ricomincerà la stazione delle piogge e se per quel momento non si saranno ricostruiti i tetti delle case, la situazione diventerà difficile.

Come sta vivendo la vigilia della visita la comunità cristiana?

R. – Da quel che sappiamo il Papa andrà a Maputo, Capitale del Mozambico. Nel comunicato ufficiale emanato dalla conferenza episcopale DEL MOZAMBICO c’è l’invito alla preparazione per cui è anche stata costituita una commissione ad hoc. Maputo dista però 1000 chilometri da Beira e qui la gente, dato che ancora non è stato pubblicato il programma ufficiale del viaggio apostolico, si aspettano che il Papa faccia visita o passi almeno anche dalla nostra città.

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03 giugno 2019, 13:30