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Il Primo Maggio dei Papi: “Il lavoro appartiene all’uomo”

Con Papa Leone XIII, la Chiesa ufficializza la sua attenzione nei confronti dei lavoratori. Un interesse presente anche nei secoli passati e particolarmente confermato dai Pontefici del '900

Laura De Luca – Città del Vaticano

È l’enciclica Rerum Novarum, promulgata da Leone XIII il 15 maggio 1891, il documento spartiacque che ufficializza l’attenzione da parte della Chiesa alle condizioni dei lavoratori. Non che questa attenzione fosse mancata nei secoli passati, ma con questa Enciclica, in qualche modo, la Chiesa iniziava a prendere posizione e a fondare le basi per la moderna dottrina sociale. La costante, nel magistero dei Pontefici è stato il richiamo alla dignità di chi fatica per guadagnarsi da vivere e migliorare così non solo la propria condizione, ma anche quella dell’intera società, come ha ricordato Papa Francesco oggi in udienza generale:

Oggi celebriamo la memoria di San Giuseppe lavoratore. La figura dell’umile lavoratore di Nazareth ci orienti sempre verso Cristo; sostenga il sacrificio di coloro che operano il bene e interceda per quanti hanno perso il lavoro o non riescono a trovarlo.

Ascolta l'intervento di Francesco:

Il lavoro santifica la vita

Un tema, quello del lavoro, caro già a Giovanni XXIII, che nel suo Radiomessaggio indirizzato ai lavoratori nella festa di San Giuseppe Artigiano – istituita appena cinque anni prima da Pio XII – sottolinea come il lavoro, anche il più umile, come quello manuale del falegname che svolgeva il Padre terreno di Gesù, possa santificare la vita dell’uomo e renderlo più vicino a Dio:

È quindi naturale che il Nostro pensiero vada verso le sin gole regioni e città, ove si svolge la vita di ogni giorno: alle case, alle scuole, agli uffici, ai negozi, alle fabbriche, alle officine, ai laboratori, a tutti i luoghi santificati dal lavoro intellettuale o manuale, nelle varie e nobili forme che esso riveste, secondo le forze e le capacità di ciascuno … I lavoratori sanno che la Chiesa maternamente li segue con vivo e sollecito affetto: ed è soprattutto vicina a quanti compiono nel nascondimento lavori ingrati e pesanti, che gli altri forse non conoscono o non abbastanza stimano: vicina a chi ancora non ha una stabile occupazione, ed è esposto ad angosciosi interrogativi per l'avvenire della famiglia che cresce: vicina a chi la malattia o la sventura sul lavoro ha dolorosamente provato.

Ascolta l'intervento di Giovanni XXIII:

Quando il lavoro non c'è: il dramma della disoccupazione

La fatica e il sudore non erano esperienze lontane neppure per Giovanni Paolo II, che le citò esprimendo solidarietà ai lavoratori nel suo discorso al mondo del lavoro pronunciato il 2 maggio 1987 nella Miniera di Prosper-Haniel, nella repubblica Federale tedesca. Al pensiero verso chi lavora, si accompagna sempre, particolarmente nei tempi attuali, il pensiero verso chi non può ancora o non può più lavorare: il dramma della disoccupazione. All’estremo opposto, invece, l’uomo non interpreti il lavoro come un valore assestante, operando un capovolgimento di prospettiva, perdendo di vista la sua funzione di strumento per raggiungere il bene comune, come sottolineava Benedetto XVI il 19 marzo 2006 alla Messa per i lavoratori:

Il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione dell'uomo e per lo sviluppo della società, e per questo occorre che esso sia sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto dell'umana dignità e al servizio del bene comune. Al tempo stesso, è indispensabile che l'uomo non si lasci asservire dal lavoro, che non lo idolatri, pretendendo di trovare in esso il senso ultimo e definitivo della vita.

Ascolta l'intervento di Benedetto XVI:

Emigrare per lavorare: oggi come ieri

E poi, oggi come ieri, ci sono i lavoratori costretti a emigrare: ovunque, nel mondo, uomini e donne che affrontano viaggi impossibili in cerca di condizioni di vita dignitose. Flussi migratori con carichi di storie dolorose in direzioni sempre diverse. A questi lavoratori - che all’epoca erano gli italiani in Germania - andava il pensiero affettuoso di Paolo VI nella festa di Ognissanti, il primo novembre 1965:

Cari Lavoratori Italiani in Germania!

È a noi offerta la possibilità di rivolgervi una parola in occasione della festa di Tutti i Santi e del giorno dei Morti. Ringraziamo di cuore il Westdeutscher Rundfunk, e profittiamo di questa opportunità per mandare a voi, Lavoratori Italiani emigrati in terra tedesca, un Nostro particolare saluto. Perché a voi? Perché Noi sappiamo che queste ricorrenze dei Santi e dei Morti vi fanno ricordare le vostre Famiglie rimaste in Patria, le vostre città e i vostri paesi, le vostre parrocchie e i vostri cimiteri. Sono giorni del cuore quelli dei Santi e dei Morti. La memoria si riempie di immagini care e dolorose; ciascuno ripensa ai propri Defunti, ciascuno rivede i propri familiari scomparsi, i propri amici e compagni di lavoro perduti. (…) Siate fedeli, siate forti, siate giusti, siate buoni. Volete che diciamo una preghiera insieme? Così: L’eterno riposo dona a loro, o Signore! Così. E mentre il Papa, bravi Lavoratori Italiani in Germania, tutti vi saluta, pensando anche alle vostre Famiglie ed ai vostri compagni di lavoro, tutti di cuore vi benedice.

Ascolta l'intervento di Paolo VI:

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01 maggio 2019, 15:21