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Caritas Libano: aiuto e sostegno alle vittime della tratta

Il Libano è una delle principali destinazioni del traffico di esseri umani in Medio Oriente. La Caritas Libano ha aperto sei centri per persone vittime della tratta , che operano in collaborazione con governo e ambasciate. Ne parla il presidente padre Paul Karam che ha partecipato nei giorni scorsi in Vaticano alla Conferenza internazionale sulla tratta

Un impegno “in prima linea” per le vittime del traffico di vite umane, soprattutto “donne e bambini provenienti da Asia e Africa”, cui viene garantito “aiuto materiale come cibo e alloggio, sostegno psicologico e formazione” per ricostruirsi una identità. È quanto racconta all’Agenzia AsiaNews padre Paul Karam, presidente di Caritas Libano, da oltre sette anni attivo nell’accoglienza di famiglie siriane che fuggono dalla guerra e nel sostegno, assieme a operatori e volontari dell’Ong cattolica, alle vittime del traffico di vite umane. Il sacerdote è rientrato nella notte nel Paese dei cedri, dopo aver partecipato alla conferenza internazionale sulla tratta che si è tenuta nei giorni scorsi in Vaticano. “Un evento - spiega - fondamentale per condividere esperienze e per sperimentare il lavoro in gruppi di orientamento pastorale diverso”.

Il Libano tra le principali destinazioni del traffico di esseri umani

Il Libano è una delle principali destinazioni per il traffico di vite umane, soprattutto donne. Le vittime vengono spesso utilizzare per lavori domestici in condizioni di schiavitù o finiscono nelle maglie degli sfruttatori della prostituzione. Fra queste vi sono anche donne provenienti da nazioni dell’Europa orientale e dalla vicina Siria.

Un traffico che coinvolge donne e minori nel mercato del sesso e dei lavori forzati

Il traffico coinvolge pure i minori, anch’essi utilizzati nel mercato del sesso o per lavori forzati nei settori della metallurgia, dell’edilizia o dell’agricoltura. Vi sono poi diversi casi di donne di Sri Lanka, Filippine o Etiopia che entrano in Libano con un regolare permesso, ma finiscono vittime di lavoro forzato dietro sequestro del passaporto, restrizioni agli spostamenti, minacce, violenze fisiche e sessuali. In questo contesto, il governo non ha compiuto i passi necessari per soddisfare gli standard minimi di lotta contro un fenomeno che coinvolge centinaia di persone ogni anno.

Sei centri della Caritas Libano dedicati alle vittime della tratta di persone

“In Libano - racconta p. Paul - la Caritas ha avviato sei centri dedicati alle vittime della tratta di persone, vittime di abusi sessuali o schiavitù. Sono luoghi presenti in diversi punti del Paese, ma che preferiamo mantenere segreti per motivi di sicurezza e a tutela delle persone stesse”. All’interno vengono offerti aiuto e sostegno “psicologico e materiale”, con l’obiettivo di “fornire un bagaglio culturale, professionale mortale ed etico” e “favorire il ritorno nei Paesi di origine, in condizioni di piena sicurezza: queste sono quelle che noi chiamiamo storie di successo”.

Nei prossimi mesi nuovo polo per il recupero dei bambini vittime della tratta

“Per noi - prosegue il presidente Caritas - è importante che le persone possano riacquistare piena fiducia e autonomia”. Entro i prossimi due mesi, ai sei centri già attivi si unirà un nuovo polo dedicato al recupero “dei bambini di strada, sfruttati dalla mafia per lavoro minorile o vittime di abusi a sfondo sessuale”. Nelle strutture operano psicologi e dottori, esperi ed educatori oltre a un team di legali, perché “seguiamo le storie anche da un punto di vista processuale. In questi anni - sottolinea - abbiamo vinto diverse cause, colpito gli autori delle violenze e garantito risarcimenti”.

Partito un progetto di scolarizzazione per 145 bambini

Al momento i centri “accolgono circa 250 persone”, sottolinea il presidente Caritas, e “operiamo in pieno accordo con i vertici della sicurezza generale del Libano e le ambasciate delle nazioni di origine delle vittime, dall’Africa all’Asia, dall’Iraq alla Siria, passando per le Filippine”. Non mancano poi bambini “nati da donne che sono arrivate da noi incinte, cui abbiamo garantito accoglienza e riparo”. Proprio per i più piccoli è partito un progetto di scolarizzazione che, ad oggi, “consente ad almeno 145 bambini della scuola elementare di poter studiare e imparare, partendo dallo studio della lingua araba che è la base, il primo passo da compiere per l’integrazione”.

 

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14 aprile 2019, 08:00