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L’Appello ai liberi e forti cento anni dopo è sempre attuale

Al convegno organizzato dalla Conferenza episcopale laziale su don Luigi Sturzo è intervenuto il cardinale vicario di Roma Angelo De Donatis

Salvatore Tropea - Città del Vaticano

Tutti i cittadini “liberi e forti” sono chiamati a vivere attivamente tanto nella società civile quanto nella politica, con principi etici, morali e di onestà. Un appello di cento anni fa, quello di don Luigi Sturzo, che oggi risuona come più attuale che mai. È stato questo il filo conduttore del convegno “Essere ‘liberi’ e forti’ oggi. Quale politica a cento anni dall’Appello di don Luigi Sturzo?”, promosso dalla Conferenza episcopale del Lazio e tenutosi a Roma, nella sala convegni della cappella della stazione Termini.

“A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà - don Luigi Sturzo”

Politica sia incontro tra cittadini e istituzioni

Oggi l’Italia è come un enorme cantiere e quindi si è in una fase “importante, dove vanno aperti processi di comunicazione e dialogo, proprio come fece don Sturzo cento anni fa”. Sono le parole del cardinale Angelo De Donatis, vicario generale di Roma e presidente della Conferenza episcopale laziale. “Quello che vorrei sottolineare – afferma il porporato nel suo intervento durante l’incontro – è il richiamo alla moralità della politica, un tema centrale nell’opera di don Sturzo”. Inoltre, un secondo e forse ancora più importante aspetto è il ruolo della politica stessa che “deve essere una sintesi del dialogo tra cittadino e Stato, imprescindibile per governare e amministrare in modo corretto”. Secondo il card. De Donatis se manca questo dialogo “la politica diventa autoreferenziale e distruttiva”.

Giustizia e libertà

Alla base dell’impegno del sacerdote siciliano, che nel 1919 fondò il Partito Popolare Italiano, proprio con l’Appello del 18 gennaio: c’era “un’ansia di giustizia e libertà e questa esigenza è permanente”, spiega mons. Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri-Segni e delegato per la pastorale sociale e del lavoro del Lazio. “Sturzo era convinto – prosegue mons. Apicella – che una politica senza valori è destinata al fallimento e a produrre molti più danni di quelli che vuole riparare”.

Invito alla condivisione

L’intento di don Luigi Sturzo era anche quello di far sì che “i cattolici non si chiudessero in se stessi, ma ricercassero il bene comune nella collaborazione con tutte le componenti sociali”. Il commento arriva dal giornalista e storico Giuseppe Sangiorgi, già segretario generale dell’Istituto Sturzo. Secondo Sangiorgi, che ha tenuto una relazione pastorale e storica durante il convegno, “la via per migliorare la società italiana è ancora quella tracciata da don Sturzo, improntata ad un concetto di coesione tra le classi sociali e di dialogo per il bene comune”.

Sturzo e De Gasperi

Proprio di coesione sociale e fraternità parla Maria Romana De Gasperi, figlia di Alcide, nella testimonianza scritta inviata al convegno. “Fu proprio don Sturzo - evidenzia - a volere che mio padre sedesse alla presidenza del primo Congresso del PPI, nel giugno del 1919”. E fu proprio Alcide De Gasperi, come ricorda la figlia, a prendere il testimone di don Luigi Sturzo come segretario del Partito e a “ribadire, nel 1925, i valori cristiani della politica di fronte alle violenze fasciste, riaffermando i diritti naturali della persona”. Il sacerdote siciliano e il politico trentino seppero, tanto nel primo dopoguerra ma soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, trarre un grande insegnamento dai drammatici conflitti, “quello - conclude Maria Romana De Gasperi - che non poteva esserci democrazia senza l’impegno attivo dei cattolici in favore della coesione sociale insieme con la fraternità e la carità cristiana”.

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03 marzo 2019, 11:20