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Al via le celebrazioni per il 25.mo anniversario della morte di don Diana

Nei giorni scorsi, la diocesi di Aversa ha presentato le iniziative in vista del 19 marzo, giorno nel quale si ricordano i 25 anni dalla morte di don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe, nel casertano, ucciso dalla camorra poco prima di celebrare Messa

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Il bacio sulla stola di don Peppe Diana da parte di Papa Francesco è il suggello dell’amore della Chiesa per un prete di periferia, un uomo di troppo per la camorra. Era il 21 marzo 2014, nel corso della Veglia per ricordare le vittime delle mafie, nella chiesa di San Gregorio VII, a Roma, don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, fa indossare al Papa il paramento che don Peppe aveva poco prima di essere freddato da 5 colpi di pistola nella chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe. Il prossimo 19 marzo saranno 25 anni dal suo omicidio. Allora Giovanni Paolo II lo ricordò, all’Angelus del 20 marzo 1994, come un “generoso sacerdote, impegnato nel servizio pastorale alla sua gente”. “Voglia il Signore – disse - far sì che il sacrificio di questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra e morto, produca frutti di sincera conversione, di operosa concordia di solidarietà e di pace”.

Le iniziative per ricordare don Peppe Diana

Nei giorni scorsi, la diocesi di Aversa ha presentato le tante iniziative per ricordarlo dalla messa che sarà celebrata proprio il 19 marzo alle 7.30 nella sua chiesa fino alla marcia attraverso Casal di Principe. Lo slogan delle manifestazioni sarà: “Per amore, non taceremo”: parole che richiamano il documento di denuncia contro la camorra “Per amore del mio popolo”, che don Diana, insieme ai parroci della Foranìa di Casal di Principe diffuse a Natale del 1991. A Vatican News, don Francesco Riccio, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi di Aversa, (Ascolta qui l'intervista) racconta quanto è stato organizzato:

R. - La prima cosa positiva di questo 25.mo è che ci sono tante sigle che si uniscono, è proprio una comunione, una rete di persone che in questi 25 anni in un modo o in un altro hanno incontrato la figura di don Peppe Diana. Quindi il primo valore di questo 25.mo è l’unione tra tante sigle per ricordare di lanciare la figura di don Peppe Diana. Il tema è sicuramente quello che ci ha dato il vescovo nella lettera pastorale che lui ha scritto nel 25.mo dell’anniversario di don Peppe che ha voluto chiamare “Per amore, sentinelle e profeti”, che un po’ porta quello che è stato un intuito di don Peppe Diana e lanciato da un’intera comunità che sicuramente in questi 25 anni ha iniziato dei processi di legalità, tutto ciò che don Peppe Diana in un certo senso aveva profetizzato, cioè una comunità di persone, di uomini e di donne, laici e della Chiesa che portano avanti questo messaggio, portano avanti questa profezia.

25 anni sono tanti per la scomparsa di un prete che con la propria vita ha pagato l’impegno nei confronti della criminalità organizzata. Ci sono stati cambiamenti visibili nel vostro territorio dopo questo sacrificio?

R. - 25 anni sono tanti però è una memoria così viva che quando ancora oggi si parla di don Peppe Diana sembra qualcuno che c’è ancora tra di noi. Questo già è un punto importante. Cambiamenti, sicuramente! Per esempio la nascita di tante cooperative su questi terreni confiscati… Se penso alle associazioni o ai tanti consorzi, alle tante iniziative anche di lavoro che sono nate sui nostri territori e sono una risposta concreta e sono nati grazie a don Peppe Diana.

C’è una frase in particolare di don Peppe Diana che ritorna attuale in questo momento, in questo periodo storico?

R. - Nel manifesto generale del 25.mo abbiamo declinato al plurale quella frase che lui ha rilanciato con quella lettera della notte di Natale. Lui diceva: “Per amore non tacerò”, invece noi abbiamo declinato “per amore non taceremo”. Facciamo eco alla voce di don Peppe Diana.

A che punto è il percorso di don Peppe Diana all’interno della Chiesa?

R. - Credo che in questo momento non c’è ancora nulla di ufficiale, però il desiderio è anche quello di riconoscere - ce lo possiamo dire - un martirio. Non dobbiamo mai dimenticarci che don Peppe è stato ucciso per mano della camorra, era pronto con i paramenti, aveva il calice in mano, lui stava andando all’altare. E’ stato ucciso un prete. Possiamo iniziare a riconoscere che è un martire della Chiesa?

La stola di don Peppe venne indossata da Papa Francesco in occasione di quella bella cerimonia organizzata da Libera per ricordare tutte le vittime delle mafie…

R.  –La Chiesa e anche Libera sono state in questo tempo custodi di una memoria e non l’hanno smarrita e l’hanno rilanciata. Questo è bello poterlo dire! Che la morte di una persona venga sentita… questa santità venga sentita sia dalla Chiesa che poi anche dai laici, credo che questo sia anche un miracolo sul nostro territorio.

Un po’ come è accaduto con don Pino Puglisi…

R. – La storia è un po’ così… Certo, forse i percorsi di vita precedenti sono un po’ diversi… non ci dimentichiamo che la storia di don Peppe Diana è la storia di un piccolo paese che tendeva anche a tenersi nascosto, per permettere alla camorra organizzata di poter fare i propri comodi e allora è stato più difficile che questa figura potesse emergere. E’ iniziato anche in modo silenzioso, un po’ alla volta, però ha saputo scalare nei cuori di una comunità delle persone, fino ad essere il segno visibile di una lotta contro il male e contro la camorra.

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20 febbraio 2019, 15:22