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Il libro sul Sinodo curato da padre Antonio Spadaro Il libro sul Sinodo curato da padre Antonio Spadaro  

"Una Chiesa che frequenta il futuro": libro sul Sinodo dei giovani che continua

Raccolti in un volume tutti i documenti del Sinodo 2018 su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Editori l’Ancora e La Civiltà cattolica. Intervista al curatore Antonio Spadaro

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Si parte da “un giorno piovoso a Cracovia”, il 30 luglio 2016, durante il quale Papa Francesco parlando con un gruppo di gesuiti anticipava il cuore di quello che sarebbe stato il tema del Sinodo dei giovani, annunciato solo due mesi dopo. Il racconto di padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, si snoda con interesse e curiosità lungo tutto il processo sinodale, dalla genesi, alla preparazione, allo svolgimento, alla stesura del documento finale di questo grande evento ecclesiale, che segna la storia della Chiesa nel Terzo Millennio.  

Creare un immaginario positivo

In oltre 400 pagine sono raccolti tutti i documenti che rendono testimonianza dell’impegno profuso da tutti i protagonisti di questa assemblea - vescovi e giovani, sacerdoti, religiosi e laici - di aprirsi al futuro, rispondendo all’appello lanciato da Francesco in apertura del Sinodo: “far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani, e ispiri ai giovani – a tutti i giovani, nessuno escluso – la visione di un futuro ricolmo della gioia del Vangelo”.

Un antenna di ascolto

Una ‘Chiesa empatica’, è questa l’impressione di fondo che il curatore, padre Antonio Spadaro, ha tratto ordinando a posteriori questi materiali.

Ascolta l'intervista a p. Antonio Spadaro

R. - “Non è stato un evento sinodale, ma un processo sinodale, durato molto tempo, che ha comportato molto ascolto nelle realtà locali: sono arrivati a Roma, messaggi, riflessioni che hanno contribuito a creare il documento iniziale. E da qui gli incontri organizzati con i giovani, che hanno poi partecipato, in circa 40, a tutto il lavoro sinodale. Quindi, la prima impressione è che il Sinodo sia stato una grande antenna di ascolto della situazione dei giovani in generale, non solo dei giovani cristiani e credenti, che rappresentano non il futuro della società e della Chiesa ma il presente. In fondo le grandi istanze, i grandi desideri vengono espressi proprio dai giovani di fronte ad un mondo pieno di tensioni, conflitti e muri.

Lei ha messo in evidenza tre dimensioni: il discernimento, l’inquietudine e la profezia, che hanno attraversato i lavori del sinodo…

R. – Sì, direi che il discernimento è quasi la parola chiave di questo pontificato, significa cercare e trovare dove Dio è attivo e all’opera nel mondo. Di fatto anche riconoscere quali sono le dinamiche spirituali, che si vivono nella società di oggi e cercare di dare forza, di sostenere tutti i processi positivi. Quindi, questo richiede molta ricerca, pazienza, meditazione. C’è poi l’ascolto delle inquietudini dei giovani, dentro e fuori la Chiesa, una parola chiave nell’intero documento finale.  E certamente, c’è la profezia, che ci spinge verso il futuro a cercare di capire soluzioni per i grandi problemi che abbiamo. In fondo, il Sinodo ha affrontato le grandi novità che oggi siamo chiamati come Chiesa e come società ad affrontare: l’ambiente digitale, i temi cruciali come le migrazioni e la mentalità abusiva da combattere con ogni mezzo, ma poi anche la famiglia, i rapporti intergenerazionali, il corpo, l’affettività… Si è capito anche che questa profezia può essere vera se si ascoltano anche gli anziani. Questo è un altro punto molto importante nella visione di Francesco, cioè l’appello a che giovani e anziani tornino a dialogare. Gli anziani possono sognare solo se questi sogni, fondati sull’esperienza che gli anziani hanno, sono comunicati ai giovani, perché possano vedere il futuro.

Padre Spadaro, lei scrive che sarebbe errato leggere questo evento ecclesiale con categorie sociologiche o politiche, forse in riferimento a temi su cui si era concentrata anche l’attesa da parte del mondo laico, come l’omosessualità, la promozione della donna, il matrimonio, le separazioni, i divorzi o i matrimoni misti…

R. – Questo Sinodo può essere inteso anche come una lezione per la società e per affrontare temi che vanno al di là del mondo ecclesiale. Vediamo che in un mondo di contrapposizioni, anche di ordine politico, c’è bisogno di comprendere le grandi questioni e di capire anche quale può essere il rapporto tra la sinodalità e la democrazia che viviamo: cioè, come i cristiani possono esprimersi e confrontarsi sui grandi temi, i grandi dibattiti della società civile. In fondo, un grande frutto di questo Sinodo è proprio la sinodalità: cioè, i giovani hanno risvegliato la capacità sinodale della Chiesa di dialogare, di conversare, di trovarsi insieme senza aver paura dei conflitti e delle visioni differenti.

Quali sfide sono rimaste tali per la Chiesa?

R. – Francesco ci ha insegnato che dobbiamo abituarci a vedere le cose in termini processuali, cioè in cammino. Non ci sono soluzioni definitive. Le questioni aperte per la Chiesa sono le grandi questioni aperte per il mondo, quindi le grandi tensioni politiche su cui il Papa insiste spesso ma anche la grande questione della fede, cioè come si fa oggi a trasmettere la fede. In fondo è la visione di Dio, cioè di che Dio abbiamo in mente. In un momento in cui Dio diventa spesso occasione per le divisioni e per le tensioni, la grande sfida che la Chiesa ha oggi è di essere strumento di cattolicità, cioè di universalità, di apertura, di riconciliazione. Questa per me è la grande sfida.

Possiamo dire, padre Spadaro, che riflettere sui giovani con i giovani è stato un investimento per tutta la Chiesa?

R. – Assolutamente, sì. Si deve evitare di parlare di Chiesa e giovani come se i giovani fossero un oggetto, sono invece soggetti, sono parte della Chiesa. Quindi non un Sinodo sui giovani ma con i giovani.

Il Sinodo certo non è finito con il documento finale, ora che cosa devono fare le comunità cristiane?

R. – La pubblicazione di questo volume serve non tanto a documentare questo processo come se fosse materiale d’archivio, di museo. Ma al contrario vuole contribuire ad una riflessione ulteriore perché il Sinodo deve poi incarnarsi nelle realtà locali: la gente deve tornare ad incontrarsi, le parrocchie devono tornare a dialogare. All’interno delle diocesi, delle conferenze episcopali deve essere vivo questo processo, quindi una Chiesa che discute, a volte anche litiga, ma è capace di riflettere sui grandi temi, sulle grandi sfide.

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22 gennaio 2019, 15:07