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Vescovi Sud Sudan: pregare per la pace nel Paese

Per mons. Tombe, vescovo di Yei, dopo la firma dell'accordo di pace tra il governo e i leader dell'opposizione dello scorso agosto, la situazione è molto più serena in molte parti del Paese e questo ha riempito di fiducia e speranze molte persone. Tuttavia, il vescovo ha rilevato che alcune fazioni dei ribelli non hanno firmato l’accordo

“I vescovi dell’Association of Member Episcopal Conferences in Eastern Africa (Amecea), accanto ai governi di Etiopia, Kenya, Uganda e Sudan, hanno contribuito, insieme alla firma dell’accordo di pace tra il Sud Sudan e i leader dell’opposizione. Ora bisogna pregare a agire perché la pace duri”: lo afferma mons. Erkolano Lodu Tombe, vescovo di Yei invitando tutti, laici e clero, a continuare a pregare.

Fermare spargimento di sangue e creare pace duratura

“Abbiamo bisogno delle preghiere. Siamo fiduciosi che la preghiera consentirà di fermare lo spargimento di sangue e di creare una pace duratura per il popolo sofferente del Sud Sudan”, continua il vescovo in una nota pervenuta all’Agenzia Fides. Secondo mons. Tombe, dopo la firma dell'accordo di pace tra il governo e i leader dell'opposizione dello scorso agosto la situazione è molto più serena in molte parti del paese e questo ha riempito di fiducia e speranze molte persone. Tuttavia, il Vescovo ha rilevato che alcune fazioni dei ribelli non hanno firmato l’accordo.

Violazione degli accordi

“In alcune zone, di tanto in tanto, l’accordo viene violato e la violenza continua; si tratta però di un fenomeno che potrebbe accadere in qualsiasi altra parte del mondo. Dobbiamo accettare il fatto che non c'è un accordo perfetto. Tuttavia, siamo fiduciosi che la guerra e la violenza si arrestino del tutto per dare alle persone la possibilità di ricostruire le loro vite”, insiste mons. Tombe.

Servono dialogo e ascolto

Insieme ad altri leader religiosi di Yei, i Vescovi dell’Amecea hanno richiesto un permesso scritto da parte del governo che consenta loro di andare incontro ai ribelli che ancora resistono, al fine di coinvolgerli nel dialogo e ascoltare le loro richieste da riferire poi al governo e al popolo.

Impegni concreti

“Non ci è stato dato finora un consenso formale scritto. Ci hanno detto che siamo liberi di andare, ma questo per noi non è abbastanza; abbiamo bisogno di un impegno scritto, perché solo in quel caso si potrà garantire la sicurezza di chi si coinvolge in questa missione di dialogo e di pace”, ha concluso il Vescovo Tombe. (Agenzia Fides)

 

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12 dicembre 2018, 12:51