Monaci trappisti di Tibhirine in Algeria Monaci trappisti di Tibhirine in Algeria 

Lettera di mons. Desfarges per la beatificazione dei 19 martiri d’Algeria

“La beatificazione dei nostri fratelli e sorelle, una grazia per la nostra Chiesa”: è il titolo che l’arcivescovo di Algeri, mons. Paul Desfarges ha voluto dare alla lettera pastorale sui 19 martiri d’Algeria. Un’ampia e bella riflessione sulla testimonianza di vita delle vittime del terrorismo islamico

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Una lettera pastorale per comprendere appieno il senso della beatificazione dei 19 martiri d’Algeria che sarà celebrata l’8 dicembre a Oran, nel Santuario di Notre-Dame di Santa Cruz. L’ha scritta mons. Paul Desfarges, arcivescovo di Algeri, esortando la Chiesa magrebina ad amare come loro nella libertà che lo Spirito Santo dona. La lettera offre anche testimonianze e alcuni scritti dei 19 “fratelli e sorelle … modelli per la nostra vita di discepoli oggi e domani”, che “sono davanti a noi sul cammino della testimonianza che la nostra Chiesa è chiamata a rendere su questa terra d’Algeria che dal primo secolo è stata irrigata dal sangue dei martiri”.

I 19 martiri, le altre vittime del terrorismo islamico e i 114 imam

L’arcivescovo di Algeri sottolinea che mons. Pierre Claverie, fratel Henri Vergès, suor Paul-Hélène Saint-Raymond, suor Esther Paniagua Alonso, suor Caridad Álvarez Martín, padre Jean Chevillard, padre Alain Dieulangard, padre Charles Deckers, padre Christian Chessel, suor Angèle-Marie Littlejohn, suor Bibiane Leclercq, sorella Odette Prévost, fratello Luc Dochier, fratello Christian de Chergé, fratello Christophe Lebreton, fratello Michel Fleury, fratello Bruno Lemarchand, fratello Célestin Ringeard e fratello Paul Favre-Miville continuano ancora oggi la loro missione, legata più che mai all’opera di Dio il cui Spirito “lavora senza sosta nei nostri cuori”. “La loro vita – aggiunge mons. Desfargers – era donata a Dio e al popolo al quale l’amore li aveva legati. Possiamo pregarli … per chiedere una grazia di fedeltà per la nostra Chiesa nella sua missione”. E insieme ai martiri cristiani il presule ricorda anche le migliaia di algerini che “hanno perso la vita scegliendo di restare fedeli alla loro fede in Dio, alla loro coscienza e per amore del loro Paese”, e i 114 imam morti per essersi rifiutati di giustificare la violenza.

La testimonianza

Quello dei 19 martiri, sostiene mons. Desfarges, è un appello comunitario, “il loro sì a rimanere vicini ai loro amici nella sofferenza, nel momento della prova, era ed è ancora il sì della nostra Chiesa oggi”. “Hanno donato la loro vita nell’amore e nel servizio del popolo algerino – scrive il presule –. La loro vita era legata, con un legame di alleanza, a quella di coloro con i quali condividevano il quotidiano”. Questa, sottolinea l’arcivescovo di Algeri, è la vocazione della Chiesa nel nord Africa dai tempi di Sant’Agostino. Mons. Claverie, i monaci di Tibhirine e i religiosi e le religiose, che sono morti negli anni del terrorismo islamico, prosegue, “ci conducono nel cammino della santità ordinaria”. “La vita ci è donata per viverla donandosi nel quotidiano – si legge nella lettera pastorale – la santità non è una perfezione virtuosa o morale. È una vita il cui filo rosso … è il dono di sé; … per tutti si tratta di donare la propria vita amando e servendo nella quotidianità di ogni giorno”.

Le parole dei 19 martiri

Toccanti le parole dei 19 martiri nei loro diari, in vari documenti, nelle testimonianze lasciate che mons. Desfarges ha voluto raccogliere nella sua lettera pastorale. Nel suo testamento fratello Christian de Chergé ha chiesto che venisse ricordato che la sua vita era stata donata a Dio; in una intervista per il bollettino provinciale delle Agostiniane suor Caridad Álvarez Martín ha definito la sua missione disponibilità, gioia e accoglienza; in un questionario del 1994 del Consiglio generale della sua congregazione, suor Angèle-Marie Littlejohn non ha dato alcuna risposta alla domanda “Che cosa è più difficile per te in questo momento?”, ma ha scritto che nella messa di tutti giorni, nella preghiera, nel rosario e nell’amicizia della gente trovava sostegno e conforto per affrontare quanto l’Algeria stava vivendo. Una testimonianza quest’ultima, per l’arcivescovo di Algeri, che riassume “ciò che è stato il cuore della vita” dei 19 martiri: occuparsi degli altri, soprattutto i più fragili, attingere forza nella preghiera e nell’amicizia.

La santità della porta accanto

“Non c’è amore più grande che donare la propria vita per i propri amici”: questa la frase scelta per l’icona della beatificazione dei 19 martiri d’Algeria. Per mons. Desfarges descrive esattamente il loro cammino di santità e a sua volta invita alla santità. Santità da vivere nelle occupazioni quotidiane, come scrive Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Gaudete et exultate”, come quella dei “genitori che educano con tanto amore i loro figli”, degli uomini e delle donne “che lavorano per portare il pane a casa”, dei malati, delle “religiose anziane che continuano a sorridere” (7). È “la santità della porta accanto”. E rimarca mons. Desfarges: “I nostri beati invitano la nostra Chiesa a essere la Chiesa della porta accanto, una Chiesa che lascia la propria porta aperta e che va a bussare alla porta dell’altro … i nostri 19 fratelli e sorelle sapevano vedere la santità dei loro vicini, delle loro vicine”.

L’accoglienza chiave della presenza della Chiesa in Algeria

E in una terra come l’Algeria la vita dei 19 martiri insegna che l’essenza della missione della Chiesa è essere accolti accogliendo l’altro. È una ospitalità reciproca: accolti dagli algerini, i 19 martiri hanno a loro volta accolto. E in tal senso, l’arcivescovo di Algeri chiarisce che il Vangelo della sequela di Gesù “ci invita, incoraggiati dai nostri beati, a vivere l’accoglienza fino a spogliarsi di sé. Accogliere l’altro è rendersi totalmente presente alla sua presenza”.

La santità e la Croce

Ma la santità è anche un cammino fatto di prove, richiede rinunce, “e invita a sopportare umiliazioni”, osserva mons. Desfarges, che avverte di non dimenticare la Croce. “Accogliere Gesù – rimarca – significa accogliere il nemico, accogliere colui che mi rifiuta … Accogliere, qui, vuol dire lasciare all’altro un posto nel mio cuore, anche se mi ha rifiutato dal suo”. “Penso ad alcuni di voi … che sono rifiutati da coloro che vi sono vicini, che voi amate – prosegue il presule –. La violenza più difficile da vivere proviene spesso dal più prossimo. La croce si innalza quando, nel momento in cui si ama di più, si è rifiutati”. Ma ciò non fa venir meno l’annuncio del Vangelo della lavanda dei piedi, “un cammino di croce spesso silenzioso”. “Penso anche a voi studenti subsahariani, migranti, fratelli e sorelle in carcere – riflette mons. Desfarges –. Non esitate a chiedere l’intercessione dei nostri 19 fratelli e sorelle martiri … vi sosterranno nella prova per non rispondere all’aggressività con l’aggressività, per non lasciare entrare nei vostri cuori il rifiuto, l’amarezza”.

La Chiesa in Algeria oggi

E guardando all’oggi l’arcivescovo di Algeri lo definisce ancora “il tempo della testimonianza”. “Alcuni possono avvertire dei limiti nell’espressione della loro fede – considera –. Ma non c’è limite alla testimonianza della vita. La nostra vita è la sola testimonianza credibile resa al Vangelo. I nostri volti sono chiamati a lasciare trasparire la Presenza interiore che li illumina”. Poi il presule richiama al dialogo spirituale e precisa: “Ciò che chiamiamo nella Chiesa dialogo interreligioso è talvolta mal compreso. Non si tratta di sincretismo, né di vedere in tutte le religioni una via di salvezza … l’avvenimento del Calvario, della morte e della resurrezione di Gesù è il centro della Storia della Salvezza del mondo. Ma lo Spirito è all’opera nel cuore di tutti”. Mons. Desfarges precisa inoltre che la testimonianza della Chiesa cattolica “non è una testimonianza contro la religione dell’altro”, ma “è sempre testimonianza di ciò che l’amore di Cristo diffuso nei nostri cuori ci chiama a vivere, un amore verso tutti, senza differenze, anche verso i nemici”.

L’esempio di Maria e l’appello dei 19 beati alla vocazione ecclesiale

L’arcivescovo di Algeri, nella sua lettera pastorale addita infine Maria come modello di pazienza, perseveranza e docilità allo Spirito cui uniformarsi per essere santi. Definisce poi la vita dei 19 martiri icona della Chiesa d’Algeria e un forte richiamo a rinnovare la vocazione ecclesiale: donare la propria vita per la gente del luogo in cui ci si trova. “La Chiesa dona la propria vita attraverso e nel dono delle nostre vite – conclude mons. Desfarges – i nostri beati, attraverso la loro vita e la loro morte mettono in luce il senso delle nostre eucaristie e la loro misteriosa fecondità”. E infine la preghiera: “Beati martiri d’Algeria, ottenete per la nostra Chiesa, attraverso ciascuno dei suoi membri, di essere ogni giorno un autentico testimone della carità di Cristo”.
 

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12 novembre 2018, 15:37