Monaci benedettini in un momento di preghiera Monaci benedettini in un momento di preghiera  

Il linguaggio e i giovani: proseguono a Collevalenza i lavori del Cism

Animatori vocazionali in Assemblea a Collevalenza. Il tema su cui sono invitati a riflettere è il linguaggio in rapporto ai giovani. Le parole, infatti, devono essere comprese per essere efficaci. Ed è necessario partire dall'ascolto per poi rispondere nella fedeltà alla Parola

Egidio Picucci - Collevalenza (PG)

È in pieno svolgimento a Collevalenza, Perugia, la 36ma Assemblea organizzata dalla Conferenza Italiana Superiori Maggiori (Cism) per gli animatori vocazionali e formatori dei giovani religiosi sul tema: “La Parola e le parole…ma le parole cambiano.” Vi partecipano 150 religiosi/e che stanno cercando, guidati da esperti, un linguaggio nuovo per avvicinare i giovani. I lavori si concluderanno venerdì 23 novembre.

Il linguaggio e i giovani

Le parole usate fino ad oggi non interessano più i giovani: è già tanto se ne capiscono il senso letterale - è stato rilevato - la loro pregnanza profonda sfugge completamente. È solo colpa dei giovani? Ci si è chiesto. In parte sì, ma in parte è anche colpa dei social-media che li avviluppa e li arretisce, quando non li spinge addirittura verso esperienze distruttive. Il linguaggio nuovo, ha detto il salesiano Don Beppe Roggia, non è un ‘giovalinese’ in bocca a un adulto, che sarebbe ridicolo, ma un trovare la modalità giusta con cui mettersi in relazione e che permetta, poi, attraverso un linguaggio adatto, a mettersi in una posizione che sia accettata e accolta dai giovani.

L'esempio di Gesù con i discepoli di Emmaus

Per arrivarci si è ricorsi all’icona proposta nel recente Sinodo sui giovani: i discepoli di Emmaus. Gesù cammina con loro, ascolta quello che dicono, poi fa dir loro quello che li interessa e alla fine “apre loro gli occhi.”
Qualcosa di simile c’è da fare con i giovani: stare con loro, accompagnarli, ascoltarli, stimolare interrogativi, aiutandoli a decifrarli, perché, se è facile fare domande, è molto difficile dare risposte, visto che non si trovano quelle giuste, si rischia di deludere colui che la fa, perdendolo. Meglio, allora, abbinare domande e Parola di Dio, leggendola, meditandola, come fece san Francesco con i suoi primi compagni, perché è sempre valido quello che ha scritto Clemente Rebora: “La tua Parola, Signore, zittì parole mie.” Dove zittire significa rispondere facendo capire.

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21 novembre 2018, 12:27