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Congo, sabato di sangue a Beni. L'appello del vescovo

Nel Nordest della Rd Congo non si fermano le incursioni in villaggi e città dei ribelli islamici. Nonostante la presenza dell'esercito e della Missione Onu, lo scorso sabato a Beni sono state uccise 14 persone e 4 militari. Centinaia i feriti. L'appello del vescovo di Butembo-Beni che rivela anche la preoccupazione per un nuovo focolaio di Ebola

Emanuela Campanile - Città del Vaticano

Un'esortazione alle forze governative e alla Missione dell'Onu per la stabilizzazione della Repubblica Democratica del Congo a ripensare la strategia contro l'Adf, la formazione di matrice islamista che dal 2014 si è resa responsabile della morte di oltre 1.500 persone e di 800 rapimenti. E' l'appello di mons. Sikuli Paluku, vescovo della diocesi di Butembo-Beni, all'indomani dell'incursione - sabato scorso - dei ribelli proprio nella città di Beni in cui sono rimaste uccise 14 persone, 4 militari e feriti centinaia di civili.

Una violenza indicibile

"Da tanti anni viviamo in un clima di insicurezza indescrivibile - dichiara a Vatican News mons. Sikuli Paluku - con attacchi da parte dei guerriglieri dell'Adf, o presunti tali, perchè non si sa chi siano in realtà, mentre sono già più di 1.000 le vittime uccise come bestie...che non si può capire." Come raccontato dal vescovo, molti sono gli abitanti del Nordest costretti a lasciare le proprie case, i propri campi e a condurre una vita di miseria nel sud del Paese. 

La minaccia dell'Ebola

A rendere la situazione ancora più drammatica in questa zona di violenza e conflitti, prosegue mons. Paluku, è un nuovo focolaio di Ebola esploso i primi di agosto nella città di Mangina, a 45 km di distanza da Beni e vicino alla frontiera con l'Uganda. "Fortunatamente il governo è intervenuto limitando la diffusione del virus" ma il problema, precisa il vescovo, "è la mobilità della popolazione". 

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27 settembre 2018, 11:28