Giovanni Paolo II ad Agrigento Giovanni Paolo II ad Agrigento 

“Convertitevi!”: la Lettera dei vescovi siciliani

La Celebrazione eucaristica e la Lettera dei vescovi siciliani per ricordare l'appello di Giovanni Paolo II, 25 anni fa nella Valle dei Templi

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Con una solenne Concelebrazione ad Agrigento, oggi i vescovi della Sicilia ricordano l'invito alla conversione rivolto da Giovanni Paolo II, 25 anni fa nella Valle dei Templi. A presiderla, il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. E i vescovi siciliani hanno voluto prolungare l’eco dell’appello di Giovanni Paolo II anche con la Lettera “Convertitevi!”. Diffusa oggi durante la celebrazione davanti al Tempio della Concordia, è un invito alla conversione ai siciliani e a quanti sono coinvolti “nelle trame mortali e peccaminose dell’organizzazione mafiosa”.

Rompere il silenzio con parole proprie, recuperare il senso dell’appartenenza ecclesiale, valorizzare e purificare la pietà popolare: sono i propositi della Chiesa siciliana per far sì che le parole di Giovanni Paolo II portino oggi ad un impegno concreto. Nella loro Lettera i vescovi dell’isola esortano anzitutto i credenti a prendere le distanze dal silenzio riguardo al fenomeno mafioso e a non accontentarsi di parole già dette, ma di puntare ad una “catechesi interattiva” che si avvalga di un linguaggio “per piccoli e grandi, per giovani e adulti, per gruppi e famiglie, nelle parrocchie e nelle associazioni … per giungere a motivare e a trasmettere stili di vita coerenti al Vangelo e improntati alla giustizia e alla misericordia”.

Recuperare il senso dell’appartenenza ecclesiale

Non si può professare il credo cristiano e al contempo affiliarsi ad organizzazioni mafiose, sottolineano poi i vescovi. “Chi preferisce incancrenirsi nel peccato e incamminarsi lungo i sentieri senza ritorno della corruzione”, si autoesclude dalla comunione con il Signore e in pratica incorre in una scomunica de facto. Per questo, insistono i presuli “è la conversione la meta verso cui tutti dobbiamo puntare e verso cui anche i mafiosi devono avere l’umiltà e il coraggio di muovere i loro passi”. La Lettera puntualizza che deve trattarsi di una conversione “vissuta secondo le regole penitenziali della Chiesa e i cui frutti di vita nuova siano inequivocabilmente percepibili e pubblicamente visibili”.

Valorizzare e purificare la pietà popolare

Basta alla religiosità popolare impostata sulla sola devozione ed “esposta ad usi strumentali e poco attenta alle esigenze dell’etica comunitaria”. L’episcopato siciliano condanna le strumentalizzazioni “da parte di molti clan mafiosi” e le “connivenze omertose di alcuni preti ancorati a una concezione meramente esteriore del vissuto credente”. “Non possiamo rassegnarci – scrivono i vescovi – a veder degenerare le varie forme di pietà popolare in espressioni di mero folklore, manovrabile in varie direzioni, anche da parte delle famiglie mafiose di quartiere … per fini di visibilità e di legittimazione sociale”. No dunque alle feste pseudo-religiose e a sagre profane per celebrare Gesù Cristo, Maria e i santi, dove “all’autentico sentimento credente si sostituiscono l’interesse economico e l’ansia consumistica, e dove non si tributa più onore al Signore ma ai capi di mafia”.

La mafia è peccato e un disastroso deficit culturale

Nel loro messaggio i vescovi ricordano poi le numerose vittime della violenza mafiosa, il loro esempio e il loro contributo “per affrancarsi e affrancarci dalla morsa di un potere maligno e abusivo” e ribadiscono che “la mafia si configura non solo come un gravissimo reato, ma anche come un disastroso deficit culturale e, di conseguenza, come un clamoroso tradimento della storia siciliana. Più precisamente, come un’anemia spirituale … un vero e proprio peccato … un rifiuto gravemente reiterato nei confronti di Dio e degli esseri umani”. E mafiosi, e dunque peccatori, vengono definiti “quelli con la pistola e quelli che si mimetizzano tra i cosiddetti colletti bianchi, quelli più o meno noti e quelli che si nascondono nell’ombra”. E peccato “è la mentalità mafiosa, anche quando si esprime nei gesti quotidiani di prevaricazione e in una inestinguibile sete di vendetta”.

Prolungare l’eco dell’appello di Giovanni Paolo II

Desideriamo far riecheggiare ancora nelle nostre Chiese, in Sicilia e a partire dalla Sicilia, l’appello alla conversione lanciato da san Giovanni Paolo II il 9 maggio 1993 nella Valle dei Templi” concludono i vescovi. “Siamo decisi a incarnarlo nella nostra esistenza credente – aggiungono – nella nostra prassi pastorale, nel nostro personale e comunitario impegno civile, nella nostra vita sociale”. Infine l’episcopato esprime ai familiari delle vittime di mafia gratitudine per i loro cari scomparsi, chiede ai siciliani e alle comunità di altre tradizioni confessionali una continua conversione, come quella cui è chiamata la Chiesa e agli uomini e alle donne di mafia rivolge il monito di Giovanni Paolo II: “‘Convertiteti!’. A voi – che siete stati i primi destinatari di quell’appello profetico – ci rivolgiamo, con tono sereno e serio, per ribadirvi pure l’invito rivolto da papa Francesco, in un’udienza del 21 febbraio 2015, a chi come voi vive nel male e nel peccato: ‘Aprite il vostro cuore al Signore. Il Signore vi aspetta e la Chiesa vi accoglie’”.

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09 maggio 2018, 18:00