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Mons. Paul Faraj Rahho, arcivescovo di Mosul, ucciso nel 2008 Mons. Paul Faraj Rahho, arcivescovo di Mosul, ucciso nel 2008 

Iraq: nel ricordo dei martiri caldei l'ispirazione per un futuro di unità e di pace

La memoria, domani in Iraq, dei martiri cristiani sia fonte di speranza e di rinnovamento della nostra fiducia nella vita: lo scrive il patriarca di Baghdad, mons. Sako. Nella nostra intervista, mons. Yaldo afferma l'importanza della presenza dei cristiani nel Paese

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Ricorre il 6 aprile in Iraq la “Giornata dei martiri caldei”, celebrata ogni anno il venerdì successivo alla Pasqua. Il sangue di tutti coloro che sono stati uccisi in odio alla fede, come mons. Paul Faraj Rahho, arcivescovo di Mosul, o padre Ragheed Ganni e i loro compagni, “sono una fonte di ispirazione”, scrive per l'occasione il patriarca caldeo Louis Raphael Sako, in un messaggio ai fedeli. Il loro martirio – continua - dona “valori spirituali che riempiono la nostra vita di speranza, dignità umana, tolleranza e pace”.

Ricordare i martiri e riprendere fiducia

La Giornata, infatti, non è solo fare memoria, ma anche guardare al futuro con nuovo impegno per la ricostruzione dell’Iraq a partire – sottolinea mons. Sako -  dai villaggi e dalle città distrutte a causa del conflitto “per permettere agli sfollati interni di tornare nelle loro case”. Ciò che preme al patriarca è che si trovi il modo di “garantire maggiore conforto, stabilità e benessere alle persone” e si possa “riuscire a preservare in numero i cristiani che sono rimasti in Iraq”.

Importante in Iraq la presenza dei cristiani 

Una speranza pienamente condivisa, ai nostri microfoni, da mons. Basel Yaldo, vescovo ausiliare di Baghdad: “Sì, questo è l’obiettivo per il futuro, noi vogliamo incoraggiare i nostri fedeli a rimanere nel nostro Paese perché questo Paese è un patrimonio, è un Paese ricco… Per questo vogliamo essere testimoni di Gesù Cristo qui di fronte agli altri. La presenza dei cristiani in Iraq oggi è molto importante, ricordiamo che questa terra di Mesopotamia è menzionata nella Sacra Bibbia e ci sono tre città antiche che si trovano in questo Paese: Ninive nel nord dell’Iraq, l’impero assiro, poi Ur dei Caldei nel sud dell’Iraq e Babilonia, molto vicino a Baghdad.

La forza dei cristiani è l'unità

Un altro auspicio e un incoraggiamento espresso dal patriarca Sako è la testimonianza di una unità  sempre più stretta tra tutti i cristiani e relazioni pacifiche con i musulmani “per disperdere l’oscurità da questa terra”. Scrive nel messaggio: “Al momento vi è maggiore consapevolezza fra i vertici della Chiesa in Medio oriente che la forza deriva dalla nostra unità; la stessa cosa vale per i cristiani in generale di questa regione”.
“E’ così - conferma mons. Yaldo - il nostro patriarca ha sempre aperto all’unità verso tutti i cristiani in Iraq e dice sempre che vogliamo celebrare una sola Pasqua, nonostante qui ci siano diversi cristiani: ortodossi, protestanti, cattolici. Noi caldei siamo sempre aperti, però dipende anche da loro”.

La Chiesa caldea nell'Iraq di oggi

Ma come vive oggi la Chiesa in Iraq? “Adesso va meglio a Baghdad – risponde il vescovo ausiliare - perché noi, come cristiani, siamo liberi di svolgere tutte le nostre attività nei nostri luoghi di culto. Godiamo anche della libertà religiosa. Posso dire che adesso va meglio di 10 anni fa, dopo la caduta del regime nel 2003, perché possiamo anche portare la nostra voce al governo. Specialmente durante la Pasqua sono venute in Patriarcato tante persone per fare gli auguri, anche le autorità religiose musulmane, tutti…”
Anche se resta ancora molto da fare – conclude il vescovo  - : ”Noi non abbiamo problemi con i musulmani, siamo aperti, siamo pacifici e anche loro sentono questo, sentono che noi vogliamo vivere in questo Paese in unità con gli altri e nella pace.

Ascolta l'intervista integrale a mons. Basel Yaldo

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05 aprile 2018, 14:41