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Retata in una favela brasiliana Retata in una favela brasiliana 

Vescovi brasiliani: Campagna contro i suicidi di indios e bambini

Un vescovo del Mato Grosso del sud ricorda il dramma dei suicidi di indios e bambini ma anche la violenza istituzionale che colpisce milioni di poveri e la corruzione dilagante nel Paese latinoamericano

Silvonei Protz - Città del Vaticano

Nel Messaggio per la Campagna di fraternità che come ogni in Brasile prende il via con il Mercoledì delle Ceneri, il Papa invoca il perdono e la fraternità per il ‘superamento della violenza’ che colpisce il Paese latinoamericano. Ma di quale violenza parla la Chiesa brasiliana? Ci risponde mons. Dimas Lara Barbosa, arcivescovo di Campo Grande nel Mato Grosso del sud

R. – La violenza assume caratteristiche abbastanza diverse. Per questo, almeno nella nostra diocesi, abbiamo intenzione di lavorare in circa dieci diverse direzioni. La violenza contro i bambini; la violenza contro gli adolescenti; le donne; gli anziani; la violenza nel transito; la droga e il crimine organizzato; la violenza istituzionale, ossia la mancanza di sicurezza, di salute: la corruzione endemica che colpisce il nostro Paese è un tipo di violenza istituzionale. C’è il problema del suicidio, che cresce sempre di più, anche tra i giovani e magari persino tra i bambini. C’è la violenza contro i popoli indigeni; la violenza razziale. Sono tanti aspetti, che non esauriscono tutte le dimensioni della violenza, ma che ci spingono a lavorare per capirne le cause, e per cercare di superare, alla luce del Vangelo, queste forme di aggressione alla vita umana.

Per quanto riguarda la questione dei suicidi, lei parlava dei bambini, ma anche degli indigeni…

R. – Il suicidio tra gli indios è un fenomeno spaventoso, in grande crescita. Vivono in uno stato di insicurezza molto grande. Hanno il problema della terra che non è sempre riconosciuta come a loro appartenente. Ma ci sono poi anche i problemi legati alla sanità, all’educazione, all’identità come popolo e come cultura. Tutto questo fa sì che tante volte gli indios percepiscano loro stessi come molto diversi dalla cosiddetta “civilizzazione bianca”; e che quindi entrino in una crisi esistenziale che li porta poi al suicidio. È una cosa triste e di cui bisogna preoccuparsi.

Lei parlava di suicidi anche di bambini…

R. – Anche questa è una cosa dolorosa, perché la domanda che ci si pone è sempre questa: Cosa accade e cosa spinge una ragazza – parlando di un’adolescente, per esempio – bella, intelligente, con un futuro davanti, che comincia non soltanto a picchiarsi, ma anche a tagliarsi in diverse parti del corpo, e infine a buttarsi da un ponte alla ricerca della morte? E quando questo capita a dei bambini, la domanda è ancora più sconvolgente: perché? Cosa accade? E senz’altro il problema di solito è nella famiglia: nella mancanza di accoglienza, a causa di tutte queste ideologie materialistiche che fanno del figlio quasi un guaio per i genitori. Tanti bambini che non erano aspettati, e i tentativi di aborto che, quando non riusciti, lasciano un marchio profondissimo nella persona. L’assenza – tremenda – dei genitori: danno tutto ai loro figli - soldi, cibo da mangiare… - ma non la loro presenza attiva ed effettiva. C’è poi il problema del bullismo nelle scuole, che sfugge all’attenzione dei genitori perché non sono presenti. Tutto questo porta ad un quadro spaventoso, quando si sa che un bambino si è tolto la vita.

Ascolta l'intervista a mons. Dimas Lara Barbosa

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14 febbraio 2018, 11:07