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La Chiesa è di casa nello sport, palestra di vita e di fede

“Dare il meglio di sé”: questo il titolo del documento presentato nella sala stampa della Santa Sede e pubblicato dal Dicastero Laici, Famiglia e Vita. Il testo condensa il magistero dei Papi e della Chiesa sullo sport mettendo in risalto le analogie tra lo sforzo della competizione e l’impegno nella vita cristiana. Lo sport forma le persone, sia “pulito, umano e giusto”.

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Canotte, pantaloni aderenti, muscoli in mostra. È una scena mai vista in Vaticano, in quel giorno del 1904. Giovani ginnasti si esibiscono in luoghi da sempre dominio incontrastato di talari e sobrietà ecclesiastica. Un monsignore di Curia, sconcertato, mormora al cospetto di Pio X: “Dove andremo a finire?”. E il Papa di rimando: “Mio caro, in Paradiso!”. L’aneddoto, ogni tanto citato, viene ricordato nelle pagine introduttive del documento del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita come simbolo della considerazione che da lungo tempo Santa Sede e Chiesa Cattolica nutrono verso lo sport, un “fenomeno di civiltà di grandi potenzialità educative e formative”.

Uno sport per la persona

Nei 5 capitoli e nelle circa 50 pagine del testo, si analizza in sintesi la storia del fenomeno sportivo, se ne offre una lettura antropologica dal punto di vista dei valori e una sulle sfide e le derive dello sport – tra cui il doping e la corruzione – per finire con la descrizione del ruolo giocato dalla Chiesa in questo settore, considerato un “moderno Cortile dei Gentili”. Quello che interessa al fondo è di ribadire che non esiste “uno sport cristiano”, ma è certamente legittima “una visione cristiana dello sport”. Per questo si ribadisce che la Chiesa – come più volte insegnato negli ultimi decenni in particolare da Giovanni Paolo II – non si limita a incoraggiare una “qualificata pratica sportiva”, ma “vuole essere ‘dentro’ lo sport”, inteso come “sport per la persona” e quindi come spazio in cui dando il “meglio di sé”, da cui il titolo, si sviluppano amicizia, dialogo, uguaglianza, rispetto, solidarietà.

Ginnastica del corpo e dello spirito

Dopo una breve storia sull’evoluzione dello sport, contenuta nel capitolo 2, che ricorda come il rilancio dei Giochi Olimpici ne favorisca all’inizio del XX secolo la progressiva diffusione come fenomeno globale, il capitolo 3 sposta l’attenzione sui valori dell’attività sportiva considerati in modo per così dire “sinottico” rispetto a quelli della fede, primo fra tutti la tensione “allo sviluppo armonico e integrale della persona, anima e corpo”.

“Con il loro comportamento gli atleti possono educare i giovani”

Un parallelismo, quello sport-fede, che si snoda in 10 punti. Uno di essi si sofferma sul fair play, che agli atleti insegna a “essere attenti e rispettosi dell’avversario” ben oltre il timore di essere sanzionati. Ecco perché, si nota, per i giovani disorientati  da una “sempre più diffusa perdita di valori” gli atleti col loro comportamento possono incarnare il ruolo di “educatori”.

La competizione corrotta

Se la faccia pulita dello sport insegna il “gusto e la bellezza del gioco di squadra”, il valore del sacrificio e dell’“abnegazione” in vista di un risultato di eccellenza, un “grande danno alle persone” può venire – si legge nel testo – dall’eccesso di “commercializzazione” che interessa alcuni sport. Il capitolo 4 è breve ma incisivo nell’affrontare tutto ciò che rovina il settore. Tutto nasce quando la pratica sportiva si degrada attorno al “vincere a tutti i costi”. A partire dai “rischi per la salute” – con gli atleti ridotti, come ha detto Papa Francesco, “a mera mercanzia” – passando per gli abusi “fisici, sessuali o emotivi” commessi su minori, per i quali si richiedono misure apposite di sicurezza, fino ai “comportamenti antisportivi” dei tifosi, il testo stigmatizza le situazioni che minano la bellezza del volto “umano e giusto” dello sport.

Le quattro sfide

Per la Chiesa ci sono quattro ambiti nei quali intervenire per evitare che interessi di parte contaminino i settori dello sport tentati dalla performance fuori delle regole. La prima riguarda lo “svilimento del corpo”, che porta – si afferma – alla “automatizzazione degli atleti” e spesso, nel caso di tanti, a una “specializzazione precoce” che può minare la salute del corpo, ad esempio nel caso della ginnastica di élite in cui lo sforzo di rientrare nel modello di “fisico prepuberale” può causare “disturbi dell’alimentazione. Il secondo ambito riguarda il doping, pratica famigerata di degrado del corpo dell’atleta nonché di frode dei risultati che richiede “sforzi internazionali concreti e coordinati” delle organizzazioni sportive affiancate da media, finanza e politica.

“Regole concrete e trasparenti per tutelare l’integrità dello sport”

Sulla scia della “super-spettacolarizzazione” degli eventi sportivi si annida anche la “corruzione” di tipo economico, considerata dal documento come terza sfida da vincere per evitare truffe e inganni orchestrati da “attori esterni” all’ambiente (si pensi alle “scommesse sportive”) e tutelare con “regole concrete e trasparenti” l’“integrità dello sport. Quarto ambito di intervento riguarda i “tifosi e spettatori”: anche qui l’appello è per la salvaguardia della “comunità unita” del tifo che, quando vive correttamente la sua passione, appare “una fonte fantastica di gioia e di bellezza”.

Strategia educativa

Il quinto e ultimo capitolo è dedicato alla pastorale della Chiesa ai vari livelli del mondo dello sport. Dalle parrocchie alle famiglie, dalle luoghi di insegnamento a quelli del fitness, il documento insiste sulla necessità di una “strategia educativa”, declinata in modo specifico, che sostenga educatori sportivi, professionisti, genitori, volontari, sacerdoti e persone consacrate. La chiosa finale è di Papa Francesco, le sue parole al Centro Sportivo Italiano del 2014: mettersi “in gioco con gli altri e con Dio senza “accontentarsi di un ‘pareggio’ mediocre”. “Dare il meglio di se stessi” per “ciò che dura per sempre”.

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01 giugno 2018, 11:00