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San Pietro tra palazzo San Carlo (sx) e Casa Santa Marta (dx) San Pietro tra palazzo San Carlo (sx) e Casa Santa Marta (dx) 

Vaticano. Prima udienza per Profiti e Spina accusati di peculato

Il Tribunale respinge tutte le istanze preliminari dei difensori dei due imputati, a partire da quella sulla presenza dei giornalisti in aula

di Massimiliano Menichetti

Si è chiusa con un rinvio al prossimo 7 settembre la prima udienza in Vaticano a carico di Giuseppe Profiti, ex presidente della Fondazione Bambino Gesù, e dell’ex tesoriere Massimo Spina, accusati di peculatoI due imputati si sono presentati in aula rispettivamente con gli avvocati d’ufficio Antonello Blasi e Alfredo Ottaviani.

Secondo l’Ufficio del Promotore di Giustizia i due avrebbero utilizzato “in concorso” denaro appartenente alla Fondazione Bambino Gesù in modo illecito, a vantaggio dell'imprenditore Bandera. In particolare sarebbero stati pagati oltre 422 mila euro per i lavori di ristrutturazione di un immobile del Governatorato, destinato a residenza del segretario di Stato emerito, il cardinale Tarcisio Bertone.

Nell’udienza, in cui non si è costituita la parte civile, il Tribunale ha respinto tutte le istanze preliminari dei difensori dei due imputati, a partire da quella sulla presenza dei giornalisti in aula. I legali in sostanza hanno chiesto che i reporter fossero, per “motivi di spazio” e per evitare “disturbi”, collocati in altra aula, potendo seguire il processo anche in streaming.

Il Promotore di Giustizia, il prof. Gian Piero Milano, è intervenuto a favore della presenza dei cronisti sostenendo “l’interesse pubblico del procedimento”. “La pubblicità – ha detto Milano – in questo caso consegna alla comune riflessione la vicenda”. Aspetti, questi, condivisi dal Collegio giudicante come precisato dal presidente Paolo Papanti-Pelletier.

Non accolto neanche il difetto di giurisdizione ipotizzato dai due legali. Secondo Blasi, il presunto reato si sarebbe consumato in Italia, dove ci sono le sedi della Fondazione e dell’ospedale Bambino Gesù, seppur in zona extraterritoriale, o in Inghilterra, dove aveva sede l’impresa che avrebbe ricevuto il bonifico di pagamento per i lavori di ristrutturazione di Palazzo San Carlo. L’avvocato ha anche precisato che la “sede della Fondazione, agli atti, non risulta all’interno dello Stato Vaticano”.

Sulla stessa linea del reato commesso all’estero, quindi non giudicabile in Vaticano, anche Ottaviani, che ha ipotizzato pure l’improcedibilità “senza esplicita richiesta del Segretario di Stato”, il cardinale Pietro Parolin. Il legale ha posto poi due questioni pregiudiziali: una civile ed una amministrativa. Per Ottaviani bisognerebbe chiarire, prima di far proseguire il processo, se “esiste o non esiste” il contratto per la ristrutturazione di Palazzo San Carlo e se “la competenza è del Governatorato o di altro ente”.

Il Promotore di Giustizia aggiunto, il prof. Roberto Zannotti, ha spiegato che l’ambito del reato è “penale” quindi non civile o amministrativo. Che il peculato “è l’appropriazione di denaro pubblico per un uso non lecito, non consentito” da parte di Pubblici Ufficiali. E che con “l’ordine di bonifico” per conto della Fondazione Bambino Gesù, “partito da Apsa”, si è “disposto di denaro” in maniera illecita ed è questo che configura il reato e lo incardina in Vaticano. Il magistrato ha richiamato le fonti del diritto penale ed in particolare il Motu Proprio di Papa Francesco, che “amplia la giurisdizione” e individua funzioni e responsabilità per i Pubblici Ufficiali.

Durante un chiarimento procedurale l’avvocato Ottaviani, anticipando di fatto la strategia difensiva, ha ribadito che Spina non “aveva potere di firma,  non poteva disporre” ed “ha solo eseguito ordini superiori”. “Non poteva disporre di nulla – ha rimarcato – era tesoriere, non cassiere”.

Si è parlato poi di una lettera, agli atti, del cardinale Bertone, ma nulla è stato detto sul suo contenuto; il Presidente del Tribunale Papanti-Pelletier ha chiesto chiarimenti ad Ottaviani su una possibile richiesta di testimonianza del porporato. L’avvocato ha sostanzialmente declinato a patto che, ha detto: “Nessuno metta in discussione” il contenuto della lettera. 

Accolta dal Tribunale invece la richiesta di accorpare le deposizioni dei testimoni e degli imputati in tempi ravvicinati e per questo sono state fissate le date del 7, 8 e 9 settembre prossimi.

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18 luglio 2017, 12:31