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San Pancrazio, martire sulla via Aurelia

Martire del IV secolo.

Il pancrazio

Presso i Greci e i Romani, fin dal 648 a.C. il “pancrazio” era una disciplina sportiva. Era uno sport da combattimento in cui erano ammesse tutte le tecniche tranne il morso: pugilato e lotta erano le due abilità più utilizzate. Il nome “Pancrazio”, quindi, sta a indicare un uomo valoroso, un lottatore. E così sarà per san Pancrazio, che fu un valoroso combattente della fede già in giovane età: aveva infatti solo 14 anni quando fu martirizzato nel 304.

San Pancrazio

Nasce in Frigia (attuale Anatolia-Turchia) nel 289 da una famiglia pagana benestante di origine romana. Ancora bambino rimane orfano ed è affidato alle cure dello zio paterno, Dionigi, il quale lo porta a Roma, perché li ha un patrimonio ereditato dal padre: questo gli permetterà di ricevere l’educazione che i genitori avrebbero voluto per lui. A Roma, Pancrazio e lo zio vengono a contatto per la prima volta con la comunità cristiana e dopo un cammino di preparazione, chiedono il battesimo che ricevono direttamente dalle mani di papa Marcellino.

Il martirio

Non passa molto tempo prima che scoppi la persecuzione di Diocleziano (303-313). Alcuni ritengono che lo zio di Pancrazio, Dionigi, sia morto di morte naturale, altri che anche lui sia stato martirizzato; con certezza sappiamo invece che Pancrazio muore martire, nonostante l’Imperatore stesso gli offra la possibilità di salvarsi la vita, a condizione di rinnegare la fede cristiana. Pancrazio è fermo e risponde:  “Mi meraviglio che mi comandiate di avere stima dei vostri dèi dal momento che punireste con l’estremo supplizio anche uno schiavo che conducesse una vita tanto depravata quanto la loro”.

Pancrazio è condannato a morte per decapitazione. La sentenza viene eseguita sulla via Aurelia e nello stesso luogo viene sepolto dalla cristiana Ottavilla. Per volontà di papa Simmaco (498-514), viene poi costruita la basilica a lui dedicata. Onorio I (585-638) la fa risistemare in modo che l’altare viene a trovarsi esattamente sopra alla sua tomba.

La liturgia dell’Ufficio delle Letture del 12 maggio fa commentare il martirio del giovane Pancrazio con le parole di san Bernardo di Chiaravalle “…Il mio bene, Signore, è stare nella tribolazione, purché tu sia con me. È meglio che regnare senza di te, banchettare senza di te, gloriarmi senza di te. Il mio bene, Signore, è abbracciare piuttosto te nella tribolazione che restare senza di te, sia pure in cielo” (commento al salmo 91,15).