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Santi Tiburzio, Valeriano e Massimo, martiri, sulla via Appia

Siamo nel 229: le persecuzioni anticristiane infuriano; l’editto di Costantino sulla libertà di culto è ancora lontano. È in questo contesto che vivono, a Roma, i tre martiri che ricordiamo oggi, la cui venerazione era già viva nel V secolo e la cui storia è tramandata da diverse fonti: le più complete sono la Passio di Santa Cecilia e il Martirologio Geronimiano, traslato poi in quello Romano che viene utilizzato ancora oggi.

Valeriano e Cecilia, un matrimonio verginale

La storia inizia con Valeriano, un nobile romano nato nel 177, a cui viene data in sposa Cecilia, anche lei figlia di genitori patrizi di alto rango. Pur venendo da una famiglia pagana, però, Cecilia fin da piccola diventa discepola di Gesù e all’insaputa di tutti vive in comunione con Lui nella preghiera continua e nell’esercizio delle virtù. Si è anche consacrata a Lui, nel segreto della sua camera. Così, il giorno del matrimonio con Valeriano, gli confida il suo voto: “Nessuna mano profana può toccarmi perché un angelo mi protegge – gli dice – se mi rispetterai, egli ti amerà come ama me”. Valeriano è un bravo ragazzo e la grazia si è già fatta strada in lui: accetta la moglie e il loro matrimonio verginale. In quel momento gli appare un angelo sorridente, recante due corone: una di gigli per lui, una di rose per la sua sposa.

Il martirio e la conversione di Massimo

Valeriano si fa battezzare da Papa Urbano I, diventa un cristiano zelante e con la sua fede e le sue parole ispirate riesce a convertire anche il fratello Tiburzio. I due, assieme a Cecilia, escono tutte le notti per seppellire i cristiani martirizzati aggirando i divieti, e per portare cibo e conforto ai fedeli nascosti. Una notte, però, i due fratelli vengono scoperti, incarcerati e condannati a morte dal prefetto Almachio, particolarmente feroce contro i cristiani. Prima dell’esecuzione Cecilia va a trovarli in carcere e li incoraggia ad affrontare le prove che Dio manda loro con fede e tenacia, pure quella estrema del martirio. Il giorno dopo Massimo, il carceriere che li aveva presi in carico, li porta in un tempio obbligandoli a effettuare sacrifici agli dei, ma al loro rifiuto, come voleva la legge, li uccide. A questo punto, però, Massimo vede i cieli aprirsi e gli angeli scendere a prendere le anime di quei due cristiani. L’ufficiale sente dentro di sé la chiamata del Signore e si converte, ma pochi giorni dopo la sua sorte sarà la medesima: il martirio.

Seppellire i martiri è reato

Nella Roma pagana e fortemente anticristiana, dare sepoltura ai condannati a morte, specie se per motivi religiosi, è molto pericoloso: si rischia di essere considerati complici ed essere condannati alla pena capitale a propria volta. Ma Cecilia, ogni notte, sfida la sorte. Lo fa anche dopo l’esecuzione di marito e cognato, che porta a Pagus, quattro miglia fuori Roma. Lo farà anche per Massimo, seppellito separatamente nel cimitero di Pretestato sulla via Appia. Sarà Papa Pasquale I a traslare le reliquie dei tre martiri nella basilica dedicata a Santa Cecilia a Trastevere.