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Sante Perpetua e Felicita, martiri

Perpetua e Felicita

Perpetua era una nobile di Cartagine, intelligente e istruita, come si può cogliere anche dalle lettere e dal racconto della sua Passio. Sposata, aveva un bambino di pochi mesi.

Felicita era la sua ancella e da lei era stata conquistata all’amore di Gesù: anch’essa sposata era in attesa di un bimbo.

L’arresto

Come spesso capitava, Felicita e Perpetua, insieme a Saturnino, Secondulo e Revocato, furono fermati per un ordinario controllo di polizia. Scoperto che erano cristiani, furono arrestati. Di quanto avvenuto siamo al corrente grazie alla Passio scritta di nascosto da Perpetua in carcere:  “Fummo messe in prigione e ne rimasi sbigottita, perché non mi ero mai trovata fra tenebre così folte. La sera stessa feci una lunga preghiera e una visione mi apparve. Vedevo una scala d’oro che dalla terra poggiava in cielo, ma così stretta che una sola persona poteva montare. Ai piedi della scala stava accovacciato un enorme serpente. Vedevo in cima Saturo, e m’invitata a salire: “Vieni, ma bada che il serpente non ti morda”. “Non mi morderà, perché in me è Gesù Cristo”. A questo nome il serpente allungò e si scosse sbarrando la scala, ma gli posi il piede sul dorso come fosse il primo gradino della scala. Da allora abbandonammo ogni speranza in questo mondo”.

Il battesimo

Questo gruppo di cinque amici erano ancora catecumeni quando furono arrestati e incarcerati. Saturo, loro catechista, non era in città quando vennero arrestati. Per restare fedele e coerente al suo ruolo di catechista e non volendo abbandonare i suoi giovani catecumeni, di presentò spontaneamente alle autorità dichiarandosi cristiano, raggiungendo così i suoi amici in carcere a Cartagine. Questo permise di poter amministrare loro il battesimo. Scrive Perpetua: “Lo Spirito mi ha suggerito di impetrare dall’acqua (del battesimo) nient’altro che la costanza della carne”. L’unica preghiera che saliva, infatti, non era tanto la liberazione, quanto la fortezza nell’affrontare il martirio.

La condanna

Dal racconto di Perpetua sappiamo che Felicita, ormai prossima al parto, pregava perché il bimbo nascesse quanto prima pur di unirsi ai compagni, in quanto la legge romana non permetteva a una donna incinta di essere uccisa. Il bimbo venne alla luce due giorni prima della data fissata per il martirio. Durante il parto un soldato le dirà: “Come ti lamenterai allora, quando ti sbraneranno le belve?”. La risposta di Felicita non si fece attendere: “Quello che patirò allora non lo patirò io, ma lo soffrirà Gesù per me”. La prova più grande per Perpetua, invece, fu quella di incontrare suo padre, il quale – lui pagano – la implorerà di rinnegare la fede pur di restare in vita; sperando di convincerla, arriverà a mostrarle il suo bambino ancora troppo bisognoso delle cure materne. Ma l’unica cosa che si sentì dire dalla figlia furono due parole: “Sono cristiana”.

Il martirio

A partire da questo momento una seconda “mano” anonima concluderà il racconto della Passione.

L’anfiteatro era pieno, perché il popolo amava questi spettacoli. Questa volta non c’erano malfattori o schiavi, ma i “lavati”, così venivano chiamati i cristiani a motivo del “rito del battesimo” che richiedeva l’immersione in acqua. Questi amici entrarono nell’anfiteatro tra due file di carnefici incaricati di frustrarli con cinghie di cuoio e uncinetti di ferro. Iniziarono con le donne, attaccate da una ferocissima mucca, mentre Saturo e Revocato furono attaccati da un leopardo e un orso. Ad un certo punto “Saturo fu gettato in pasto al leopardo e con un solo morso fu bagnato di tanto sangue che il popolo diede testimonianza al suo secondo battesimo gridando: “E’ salvo il lavato!”. Ma prima di morire disse al soldato: “Addio, ricordati della fede e di me; queste cose non ti turbino ma ti confermino”.

Non si sa altro del martirio. Ciò che interessava nello stilare questo “racconto” era mostrare come i cristiani erano pronti a dare la vita per il Signore, per sostenere e incoraggiare quanti venivano alla fede. Infatti, il racconto del loro martirio fece il giro dell’impero e il loro culto si diffuse ovunque. A testimonianza di questo, i mosaici della cappella di Ravenna (cappella sant’Andrea), di sant’Apollinare Nuovo e della basilica di Parenzo (VI secolo) ci offrono le più antiche immagini delle due martiri. “O valorosi e beatissimi martiri! Voi siete davvero i chiamati e gli eletti alla gloria del Signore nostro Gesù Cristo”.