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San Giuseppe da Leonessa, sacerdote cappuccino

Giuseppe

Nasce a Leonessa, provincia di Rieti, l’8 gennaio 1556. Ancora fanciullo perse, nell’arco di poco, tempo entrambi i genitori e si trasferì presso lo zio paterno a Viterbo. Qui si formò spiritualmente e culturalmente. I familiari confidavano di vederlo presto costruire una sua famiglia, ma lui declinava puntualmente ogni proposta. Ammalatosi, gli fu consigliato tornare a casa per ristabilirsi. Durante il tempo della sua convalescenza, cominciò a frequentare il convento dei padri cappuccini finché un giorno decise di chiedere di potervi entrare. I familiari, saputa la cosa, si ribellarono, ma Giuseppe restò della sua convinzione.

Cappuccino e sacerdote

Nel 1572 divenne frate cappuccino e qualche anno dopo fu ordinato sacerdote. Si dedicò alla predicazione coltivando nel cuore il desiderio di andare a predicare il vangelo anche tra i mussulmani.

Missionario a Costantinopoli

Nel 1587, durante il Capitolo generale dell’Ordine, il generale fece presente la volontà della Santa Sede di inviare a Costantinopoli un gruppo di frati per assistere i cristiani ivi residenti e prigionieri. Anche Giuseppe aveva fatto domanda, ma fu respinta. Partirà invece, perché un frate si ammala e lui viene ripescato al suo posto per partire col gruppo. Si dedicherà con tutto se stesso alla predicazione verso i cristiani ma, ad un certo punto, decide di entrare nel palazzo del Sultano Murad III per parlargli. Verrà arrestato, imprigionato e condannato alla pena del gancio: per tre giorni rimase sospeso ad un’alta trave con un gancio alla mano destra e i piedi sospesi sopra un fuoco. Al termine della pena, venne espulso.

Rientrato in Italia, tornò in convento dove continuò a dedicarsi alla predicazione, conducendo una vita di dura penitenza. Ciò che lo muove è l’amore a Gesù crocifisso: “O croce santissima, trasformaci tutti in te: le radici profondino ne piedi, i rami nelle braccia, la sommità nel capo. Ed acciocché noi siamo tutti croce, inchioda i piedi che stiano fermi in te, lega le mani che altro non operino che te, aprici il lato e feriscici il petto e toccai il cuore dell’amore tuo. Fa’ che noi abbiamo te, come in te ebbe sete Cristo di noi”.

Oltre la predicazione, fondò i Monti di Pietà per soccorrere quanti fossero stati in necessità economiche; i Monti frumentari per aiutare le famiglie col grano e soccorrere i malati. Alla fine si ammalò anche lui.

Ad Amatrice

Trasferito ad Amatrice sotto le cure del nipote, superiore del convento, si preparò a “sorella morte”, avvenuta il 4 febbraio 1612. Nel 1639 le sue spoglie furono traslate a Leonessa. Fu beatificato nel 1737 e canonizzato da Benedetto XV il 29 giugno 1746.