L'Angelus del 22 ottobre
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Le parole "rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio", dette da Gesù ai farisei e erodiani che gli vogliono tendere una trappola, a volte sono state utilizzate in modo sbagliato, afferma Francesco, interpretandole come una separazione "tra la realtà terrena e quella spirituale". E commenta: "A volte anche noi pensiamo così: una cosa è la fede con le sue pratiche e un’altra cosa la vita di tutti i giorni. E questo non va. Questa è una 'schizofrenia', come se la fede non avesse nulla a che fare con la vita concreta, con le sfide della società, con la giustizia sociale, con la politica e così via".
Quello che Gesù vuol dirci, osserva il Papa, è che dobbiamo rispettare la politica e le istituzioni, contribuire con il lavoro e le tasse al vivere sociale. Ma ricordando sempre che "non apparteniamo a nessun 'Cesare' di turno perché siamo del Signore". E tornando all'antica moneta romana afferma: "Sulla moneta, dunque, c’è l’immagine dell’imperatore, ma Gesù ci ricorda che nella nostra vita è impressa l’immagine di Dio, che niente e nessuno può oscurare. A Cesare appartengono le cose di questo mondo, ma l’uomo e il mondo stesso appartengono a Dio: non dimentichiamolo!"