Una famiglia ucraina: grati al Papa per aver fatto sentire la sua voce per la pace
Tiziana Campisi - Vatican News
Nella chiesa di Santa Elisabetta d’Ungheria, dove sono radunati poveri, rifugiati, bisognosi e disagiati, è il presidente della Caritas, monsignor Antal Spányi, vescovo di Székesfehérvár, il primo a prendere la parola. Spiega al Papa che la Caritas, nel Paese, è nata nel 1931 e che ha lavorato “con grande vigore fino al 1950, quando l'organizzazione fu bandita dal regime comunista”. Ma tante braccia continuarono a rimboccarsi le maniche per gli indigenti “quasi clandestinamente nelle parrocchie fino al 1991”, quando l’organizzazione caritativa venne ufficialmente rilanciata. Oggi sono migliaia i suoi volontari che, con il supporto di diversi professionisti, organizzati nelle parrocchie, assistono anziani e malati, aiutano famiglie bisognose, disabili, tossicodipendenti, senzatetto e minoranze svantaggiate, sostengono cristiani perseguitati, rifugiati e vittime di disastri umanitari. A supportarli, conclude il presidente della Caritas nel suo saluto al Pontefice, una serie di organizzazioni, gruppi di spiritualità e altre comunità di fede. A parlare al Papa sono poi tre famiglie, che presentano le loro testimonianze di vita.
La forza delle fede che aiuta ad affrontare le difficoltà
Brigitta Kanalas, greco-cattolica, di Máriapócs, ricorda gli stenti vissuti sin da bambina. Ha lavorato come bracciante con i fratelli e si è sposata ancora diciassettenne. Poi l’arrivo di tre figlie, delle difficoltà e dei debiti contratti per far fronte alle necessità quotidiane. Sorgono le prime incomprensioni con il marito che comincia a bere e per anni Brigitta sostiene da sola la famiglia, senza però guadagnare abbastanza. L’intero nucleo familiare finisce così in una casa fatiscente. Un amico offre accoglienza alla figlia più piccola, ma Brigitta viene denunciata dai parenti del marito che la accusano di non occuparsi delle bambine, provocando l'intervento dei servizi sociali. È allora che la donna trova aiuto nella Chiesa greco-cattolica locale. Le vengono offerti un lavoro a tempo indeterminato e una casa, ma lei intende vendicarsi di chi le ha causato del male. Intanto si ammalano una figlia e il marito, e Brigitta, disperata, comincia a pregare per la loro guarigione e a chiedere perdono a Dio per i torti fatti agli altri. Riscopre la fede, le sue preghiere vengono ascoltate e la sua storia ha un lieto fine.
Dall’Ucraina a Budapest per un futuro migliore
Oleg Yakovlev e la sua famiglia sono ucraini. Raccontano di venire da Dnipropetrovsk (ribatezzata Dnipro nel 2016), abbandonata lo scorso anno, a seguito dei bombardamenti. Oleg è padre di 5 figli e con la moglie non sa dove andare, quando molti edifici nella città vengono danneggiati e capisce quanto sia pericoloso restare. Nella sua memoria però è rimasto vivo il ricordo del suo servizio, tanti anni prima, come cuoco-soldato in Ungheria e dell'ospitalità e cordialità degli ungheresi. Budapest diviene la loro destinazione, raggiunta dopo un viaggio di diversi giorni. Appena arrivata, la famiglia Yakovlev riceve aiuti, poi viene accolta nel Centro di Integrazione della Caritas. “Per noi e per i nostri figli, l'Ungheria è stata l'inizio di una nuova vita - racconta Oleg - di una nuova possibilità. Qui siamo stati accolti e abbiamo trovato una nuova casa”. L'uomo si rivolge poi direttamente al Papa e lo ringrazia “per aver fatto sentire la sua voce per la pace e per essersi schierato a favore delle vittime della guerra” e con un canto, insieme ai figli e alla moglie, esprime la sua gratitudine anche agli operatori della Caritas.
Una famiglia a servizio di senzatetto e bisognosi
La terza testimonianza è quella dei coniugi Zoltán Kunszabó, diacono permanente, e Anna Pataki Kunszabó, che hanno 5 figli e fanno parte della Comunità Cattolica Nuova Gerusalemme. Da anni sono al fianco dei poveri e offrono il loro aiuto in ogni modo possibile. Nel 2007 hanno dato vita al Servizio “Uno Solo”, un centro che serve pasti ogni giorno, mediamente a più di 100 persone, e dove è possibile usufruire di servizi igienici e di diversi tipi di assistenza. “A Budapest ci sono 2.246 persone che vivono in centri di accoglienza per i senzatetto e 436 persone che vivono per strada - spiega Zoltán -. Tuttavia, il numero di persone a rischio di diventare senzatetto è molto più alto. Tra i nostri ospiti ci sono persone senza famiglia che sono cresciute in istituto, persone con problemi psichiatrici, tossicodipendenti, persone uscite di prigione. Ma anche madri e nonne abbandonate che crescono i loro figli da sole, e anche anziani”. Anna aggiunge che il problema principale dei senzatetto non è l'alloggio, ma l'esaurimento delle loro risorse interiori e la mancanza di relazioni umane di supporto. E manca anche Gesù con la sua Parola. “Chiunque sperimenti il proprio valore, anche solo per un momento, alla presenza di Dio - sono le parole di Anna - può iniziare una nuova vita con Cristo, recuperando la propria dignità. Ecco perché abbiamo regolarmente preghiere di lode, liturgie, confessioni e adorazioni eucaristiche”. E poi, nel centro creato dai coniugi Kunszabó, viene pure offerta l’opportunità di prepararsi ai sacramenti. Non si tratta di programmi obbligatori, ma sono frequentati con spirito di apertura, sottolinea Anna. “È una grande gioia per noi assistere al pieno recupero della vita di una persona” conclude, precisando che qualunque loro attività o servizio offerto non sarebbero stati possibili senza il sostegno delle preghiere quotidiane e il supporto dei loro cinque figli.
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