Migranti, Lampedusa ricorda la strage nel naufragio del 2013
Alessandra Zaffiro - Palermo
Il 3 ottobre di dieci anni fa 368 migranti persero la vita al largo di Lampedusa. Erano le 03.15 di notte quando, a poche miglia dalla costa dell’Isola dei Conigli, un’imbarcazione con 500 persone a bordo prese fuoco e si capovolse, inabissandosi con bambini, donne, uomini, mettendo la parola fine alla traversata nel Mediterraneo e alla loro speranza di una vita migliore.
“A Europe of Rights #10 anni di indifferenza” è il tema al centro del programma delle iniziative promosse dal Comitato 3 ottobre, sostenuto con i fondi 8 per mille dell’Istituto buddista italiano Soka Gakkai, che prende il via oggi nell’isola Pelagia e si concluderà il giorno del decimo anniversario del naufragio al quale sono sopravvissute 155 persone, delle quali 41 minori, quasi tutti non accompagnati.
Raccontare cosa sia successo in questi dieci anni in cui sono morti migliaia di esseri umani nel tentativo di attraversare il Mediterraneo è l’obiettivo dell’evento che, tra i tanti partner, ha al fianco Guardia Costiera, UNHCR, Unicef, Save the Chidlren, Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta, Centro Astalli, Amnesty International e il quotidiano Avvenire. Alle manifestazioni partecipano inoltre studenti di 15 regioni italiane e 7 Paesi europei per sviluppare una cultura di solidarietà, accoglienza e dialogo nel rispetto dei diritti umani.
“A Europe of Rights - si legge nel programma del Comitato 3 ottobre - ha l’intento di promuovere nelle giovani generazioni italiane ed europee occasioni di apprendimento, nella prospettiva di un’educazione interculturale contribuendo a sviluppare una cultura di solidarietà, accoglienza e dialogo, fondata sul pieno e consapevole rispetto dei diritti umani. Durante le giornate di approfondimento verrà data voce alle persone sopravvissute ai naufragi, a chi fa soccorso in mare, ai parenti delle persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa, a chi ha cercato di dare un nome alle salme e a chi si occupa di accoglienza”.
Francesco a Lampedusa e l’indifferenza senza lacrime
Pochi mesi prima del naufragio, l’8 luglio, c’era stato il primo viaggio di Papa Francesco fuori dai confini del Vaticano a Lampedusa. Accompagnato in barca dai pescatori, lanciò in mare una corona di fiori in ricordo di quanti persero la vita nelle traversate e incontrò un gruppo di migranti sul Molo Favaloro, lì dove l’approdo sulla terraferma segna la salvezza. “Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte”: con queste parole riprese dai titoli dei giornali, il Santo Padre scelse di aprire l’omelia della Santa Messa al Campo Sportivo ‘Arena’, davanti a diecimila persone, celebrata su un palco realizzato anche con i relitti dei barconi naufragati. “Ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza - disse il Papa - ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Non si ripeta per favore”.
“La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri - aggiunse Francesco - ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.
“Siamo una società che ha dimenticato - proseguì il Santo Padre - l’esperienza del piangere del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!”. “Chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle - concluse il Papa - ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. Perdono Signore!”.
Tareke Brhane, “Emigrare non significa morire in un viaggio incerto e crudele”
“Sono passati dieci anni da allora e purtroppo nulla è cambiato - sostiene Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre - la situazione nel nostro mare continua ad essere drammatica. Da allora almeno 28 mila bambini, donne e uomini sono annegati nell’indifferenza totale degli Stati europei. Dieci anni di morti, dieci anni di tragedie. Dieci anni di ‘mai più’, ripetuti più e più volte dopo ogni disastro in mare, fino a perdere quasi di significato. Parole vuote a cui non hanno fatto seguito azioni politiche concrete”. “Emigrare non significa morire in un viaggio incerto e crudele - aggiunge Brhane - non è attraversare un deserto affidandosi a persone che ricattano, stuprano, rubano, uccidono... Se, però, riuscissimo e regolamentassimo il flusso migratorio per quello che è un fatto insito nell’essere umano, tutte queste stragi non esisterebbero”.
A Lampedusa il ricordo nel decimo anniversario
Tanti gli eventi del Comitato in programma fino al 3 ottobre: tavole rotonde sulle sfide dell’Unione Europea in tema di immigrazione, traffico di esseri umani, Ong e salvataggio in mare, le sfide degli enti locali su accoglienza e inclusione; laboratori e workshop per studenti e insegnanti. E ancora l’incontro tra gli studenti e i sopravvissuti ai naufragi, al quale si aggiungono quelli con addetti ai lavori, giornalisti, magistrati, autorità del Parlamento europeo, ma anche momenti di intrattenimento.
Alle 3.15 del 3 ottobre, ora in cui avvenne il naufragio, è in programma il momento di riflessione al Memoriale “Nuova Speranza”. Alle 8,30 la marcia verso la Porta d’Europa dove avrà luogo il momento di raccoglimento con i sopravvissuti ai naufragi, con la vicepresidente del Senato Maria Domenica Castellone, monsignor Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, Kheit Abdelhafid, imam di Catania, presidente della Comunità islamica di Sicilia e vicepresidente dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia (UCOII), oltre a studenti e altre autorità. Le commemorazioni delle vittime del naufragio si concluderanno alle 10.30 con il lancio della corona di fiori in mare alla presenza delle istituzioni.
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