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Manifesto che indica la culla per la vita al Policlinico Mangiagalli di Milano Manifesto che indica la culla per la vita al Policlinico Mangiagalli di Milano  (ANSA)

Parto in anonimato, azioni e informazioni che aiutano le madri e salvano vite

Dopo i nuovi casi di neonati abbandonati a Milano dalle loro madri, si torna a parlare dell’importanza del sostegno alla gravidanze difficili e della prossimità alle donne più sole e ai margini della società. Il professor Natale, ex primario di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Lecco: "I protocolli per la cura di questi bambini affidati agli ospedali sono molto accurati ma è necessario aiutare le donne a scegliere per la vita"

Marco Guerra – Città del Vaticano

Fanno ancora discutere i casi di due neonati che questa settimana, a Milano, sono stati lasciati alle cure degli ospedali da parte delle loro madri che li avevano appena partoriti. Il destino di un bambino appena nato riesce a cogliere l’attenzione anche dei cuori più intorpiditi. Significativo è infatti il boom di richieste di adozione che si solleva ogni volta che viene abbandonato un neonato. Appare inoltre evidente che parte dell’opinione pubblica non conosce ancora sia la possibilità riconosciuta dalla legge del parto in anonimato e sia l’esistenza di una rete di Culle per la vita, che non solo altro che delle speciali incubatrici termiche, monitorate 24 ore su 24, dove poter consegnare il bambino senza dichiarare la propria identità. Proprio per evitare il fenomeno degli abbandoni in luoghi non protetti, compiuti spesso da donne ai margini della società è fondamentale far conoscere questi strumenti a tutte le donne e lanciare il messaggio che esistono delle istituzioni, una comunità di volontari e delle famiglie pronte ad accogliere i bambini ma anche ad aiutare le madri nei casi in cui si riesca ad avvicinarle prima del parto.

Natale (ex primario ostetrico): casi in diminuzione

Il professor Nicola Natale, ex primario di ostetricia all'Ospedale di Lecco, intervistato da Vatican News, spiega che in cinquant’anni di esercizio della professione ha visto un calo del fenomeno degli abbandoni: “Ho cominciato l’attività di ostetrico nel 1970, allora non era così raro il fenomeno della mamma che non riconosceva il bambino o che scappava dalla clinica appena aveva partorito perché non poteva crescere il figlio”. Col tempo la frequenza di questi casi è diminuita, racconta ancora Natale, ma su questo fra le altre cose "ha inciso anche la Legge 194 che ha introdotto la possibilità dell’interruzione di gravidanza, senza però risolvere i problemi delle donne che non riescono a crescere un bambino”.

Ascolta l'intervista al prof. Nicola Natale

Serve alleanza tra ginecologi e assistenti sociali

Il professor Natale sottolinea quindi la natura altruistica del parto in anonimato e la decisione di darlo in adozione. “Sicuramente è una scelta per la vita, significa riconoscere che il bambino è un essere umano vivente e che il suo primo diritto è quello di nascere”, questa presa di coscienza “porta necessariamente a confrontarsi con la possibilità di abbandonarlo in caso di gravidanze difficili, un’opzione che invece non viene spesso presa inconsiderazione perché a molte donne si indica solo la via dell’aborto”. L’ex primario racconta che le madri che vivono il dramma dell’abbandono sono spesso isolate e “non sono inserite in una realtà che le sostenga durante una gravidanza, per cui il riconoscimento di queste donne avviene quando queste ormai arrivano a partorire”. Natale punta il dito anche contro una certa cultura che riduce la gravidanza ad un fatto meramente privato e che spinge la donna ad essere sola nel decidere. Per aiutare queste mamme disperate e sole l’ex primario dell’ospedale di Lecco spiega che bisognerebbe che ginecologi, assistenti sociali e tutte le persone che hanno contatti con donne in gravidanza abbiano l’accortezza e la propensione alla tutela della vita e alla prossimità alla madre.

Anonimato garantito

Dal canto loro gli ospedali sono preparati alla gestione dei casi di bambini abbandonati, ci tiene a sottolineare lo specialista. “È tutto normato in maniera precisa e dettagliata, la donna che partorisce in ospedale può rifiutarsi di essere nominata in tutti i documenti relativi al parto e al bambino”. “Tutti i dati che collegano il bambino alla madre vengono cancellati o nascosti – prosegue Natale -, per cui i bambino quando ancora è nella culla del nido viene segnalato come adottabile e la madre viene dismessa senza che ci sia nella sua cartella clinica alcun raccordo con la cartella clinica del bambino, le si lascia anche un periodo per ripensarci e tornare indietro nella sua decisione”.

Ospedali pronti all’accoglienza

Come primario di un ospedale lombardo, il professor Natale ha visto molti casi del genere: “Ci sono donne che hanno iniziato l’allattamento è poi sono state vinte dalla montagna di problemi che avevano e hanno lasciato il bambino in ospedale”. Ad ogni modo, “il bambino viene preso in carica dal nido e nutrito tramite latte artificiale e quando ci sono scorte con il latte di altre madri che hanno lasciato il loro latte anche per i bambini di altre donne”. Nel caso di bambini nati fuori le strutture sanitarie non si corrono rischi se questi sono portati subito presso un ospedale, garantisce infine Natale: “I neonati dal punto di vista fisico non risentono dall’abbandono in Ospedale, certo poi va detto che il bambino fin dall’utero intrattiene un rapporto di conoscenza con la madre che resta poi impresso nella sua mente, il bambino lo porterà con sé per tuta la vita, anche se in maniera inconscia, ma dal punto di vista fisico non sovviene alcun problema”.

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15 aprile 2023, 13:39